sabato, marzo 06, 2010

CONCUSSIONE: C'È L'INDUZIONE DEL "METUS PUBLICAE POTESTATIS" ANCHE IN ASSENZA D’ESPLICITE PRETESE DEL PUBBLICO UFFICIALE.


1. Il “metus publicae potestatis” è ravvisabile, oltre che nei casi in cui la volontà del privato sia coartata dall'esplicita minaccia di un danno ovvero sia fuorviata dall'inganno, anche quando sia repressa dalla posizione di preminenza del pubblico ufficiale, il quale, pure senza avanzare esplicite ed aperte pretese, di fatto agisca in modo da ingenerare nel soggetto privato la fondata convinzione di dovere sottostare alle decisioni del pubblico ufficiale, per evitare il pericolo di subire un pregiudizio, inducendolo così a dare o promettere denaro o altra utilità.
2. La configurabilità della concussione non è esclusa nel caso in cui sia stato il privato ad offrire denaro al pubblico ufficiale, qualora l'offerta rappresenti non già l'atto iniziale, bensì il logico sbocco di una situazione gradatamente creatasi anche attraverso allusioni o maliziose prospettazioni di danni.
3. Ciò che rileva, ai fini della integrazione del delitto previsto dall'art. 317 c.p., è che la volontà del privato non si sia liberamente formata a cagione diretta o indiretta della condotta del pubblico ufficiale, il quale abbia abusato della sua funzione per ottenere un indebito vantaggio, a prescindere dal fatto che sia stato - come nel caso in esame - lo stesso pubblico ufficiale a richiedere il denaro, ovvero sia stato il privato, in conseguenza del comportamento subdolo e malizioso di quest'ultimo, ad offrire al medesimo il denaro.
Cassazione Penale, Sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 46514 (Pres. De Roberto – Rel. Fazio)

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