venerdì, marzo 26, 2010

Dalle amministrative un segnale per i giovani avvocati.


L'imminente rinnovo di ben 13 consigli regionali è un importante test per partiti e coalizioni, ma al di là delle accese schermaglie elettorali dovrebbe essere anche un'occasione per discutere di programmi. La situazione non è rosea.
L'Italia annaspa in una crisi che presenta radici nell'economia globale ma anche caratteristiche tutte locali come la mancanza di sostegno alle attività professionali e la patologica carenza di giusti criteri di selezione della dirigenza.
Per risollevare le sorti di un Paese bloccato occorrono interventi lungimiranti ed obiettivi condivisi anche a livello regionale. È quindi auspicabile un impegno verso lo sviluppo, che valorizzi tutte le risorse, compresi i professionisti.
Le regioni hanno le competenze per incidere sulla crescita qualitativa dei professionisti, innanzitutto, attraverso l'approvazione di una legge regionale ad hoc, sulla scia delle esperienze positive già avviate in alcuni territori.
Sostenere le professioni significa poi contribuire allo sviluppo, a patto che la scelta dei professionisti avvenga in base a criteri meritocratici, a rotazione ed attraverso il riconoscimento di pari opportunità a giovani e donne.
Non è un mistero che gli incarichi professionali e le consulenze nelle pubbliche amministrazioni spesso vengano affidati per ragioni clientelari. Né le leggi aiutano più di tanto.
L'Ente pubblico, infatti, deve assegnare il complesso di consulenze e patrocini dopo aver confrontato in maniera concorrenziale almeno cinque offerenti, ma l'obbligo viene meno se l'oggetto dell'affidamento è la consulenza o il patrocinio legale poiché l'incarico è «fiduciario».
In tali condizioni lo scarso utilizzo dei professionisti giovani e di genere femminile contribuisce al depauperamento del territorio che non riesce a preparare, nel medio e lungo termine, il ricambio generazionale ed il conseguente innalzamento del PIL. I dati parlano chiaro. La disoccupazione in Italia ha raggiunto l'8,3%, ma l'allarme è rappresentato dalla disoccupazione giovanile, balzata al 26,5%, il triplo rispetto alla media europea.
E nell'avvocatura? I giovani guadagnano assai meno dei colleghi più anziani; e se l'avvocato è giovane e donna, ricava la metà – e talvolta anche un terzo - rispetto ai colleghi coetanei maschi della medesima area geografica (dati resi noti dalla Cassa forense e dal Censis nel rapporto intitolato «Dopo le buone teorie, le proposte.
Programma di ricerca intervento per le donne avvocato», commissionato dall'Aiga unitamente alla Commissione pari opportunità del Cnf). Sia chiaro, i giovani avvocati non chiedono interventi di sostegno sic et simpliciter. Si attendono che la politica li consideri una risorsa e che investa nelle loro capacità, garantendo al Paese la crescita e la modernizzazione.
Per raggiungere tali obiettivi occorre, da un lato, l'approvazione di leggi regionali che stimolino la crescita qualitativa dei professionisti e ne favoriscano le aggregazioni, soprattutto se giovani e di genere femminile, anche sostenendo percorsi formativi che tengano conto delle peculiarità e delle esigenze territoriali, ma dall'altro lato bisogna assicurare l'affidamento di incarichi e consulenze attraverso l'adozione di criteri legislativi fondati sulla trasparenza, la meritocrazia, la rotazione ed il riconoscimento di pari opportunità in favore di giovani e donne.
Solo così le amministrazioni locali agevoleranno davvero lo sviluppo utilizzando al meglio una parte importante delle proprie risorse.

di Claudia Pizzurro - Giunta nazionale Aiga

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