martedì, dicembre 01, 2009

Cassazione Civile – Sez. lavoro (n.24784/2009): avvocato iscritto all’estero non deve comunicare reddito professionale a Cassa Previdenza italiana.


L’avvocato d'un paese dell’Unione europea ed iscritto all’albo del paese di provenienza, nonché alla relativa cassa previdenziale estera, è esonerato dal comunicare alla cassa (italiana) il reddito professionale percepito in Italia.
A questa conclusione è giunta la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 24784 del 25 novembre 2009, ha accolto il quarto motivo del ricorso di un legale tedesco, iscritto all’ordine a alla Cassa in Germania, al quale la C.N.P.A.F. aveva chiesto, fra l’altro, la comunicazione del reddito percepito in Italia.
In particolare, hanno motivato la decisione i giudici della sezione lavoro, “l'art. 17 della legge n. 576 del 1980 (che prevede che "tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori, nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa devono comunicare alla Cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l'ammontare del reddito professionale di cui all'art. 10 dichiarato ai fini dell'IRPEF per l'anno precedente nonché il volume complessivo d'affari di cui all'art. 11 dichiarato ai fini dell'IVA per il medesimo anno... Chi non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui ai precedenti commi o effettua una comunicazione non conforme al vero, è tenuto a versare alla Cassa, per questo sol fatto, una penalità pari a metà del contributo soggettivo minimo previsto per l'anno solare in cui la comunicazione deve essere inviata...") deve essere interpretato nel sen so che il presupposto dell'obbligo di comunicazione sia costituito non solo dalla iscrizione all'albo degli avvocati, ma anche dal concorrente requisito dell'iscrizione alla Cassa di previdenza, per essere tale requisito riferibile non solo ai praticanti procuratori, ma anche agli iscritti all'albo degli avvocati”.
Ma non basta. La sezione lavoro ha poi aggiunto che: “ratio dell'obbligo in questione, connesso all'iscrizione alla Cassa, può ravvisarsi nell'utilità per quest'ultima di conoscere i flussi di reddito professionale degli iscritti all'albo degli avvocati, destinatari o potenziali destinatari delle prestazioni previdenziali erogate dalla Cassa stessa ed, in ogni caso, soggetti all'obbligo del contributo soggettivo, la previsione di analogo obbligo risulterebbe irragionevole, e tale da ingenerare dubbi di costituzionalità, ove riferibile (come nel caso) a soggetti che, in quanto non iscritti alla Cassa, perché esonerati dal relativo obbligo, non potrebbero essere destinatari delle relative prestazioni, né soggetti ai previsti obblighi contributivi”.
In sostanza, concludono i giudici, “l'avvocato di un paese dell'Unione europea iscritto all'albo del paese di provenienza, nonché alla relativa cassa previdenziale estera deve ritenersi destinatario della situazione di esonero dall'obbligo dichiarativo, voluta dalla stessa Cassa, ed, al tempo stesso, che l'opposta interpretazione, in quanto ritroverebbe la sua esclusiva giustificazione nella nazionalità estera del professionista, ancorchè cittadino europeo, o, in altri termini, nel rilievo che verrebbe ad assumere solo l'iscrizione in albi nazionali, sarebbe idonea a determinare una discriminazione sulla base della nazionalità, ed un pregiudizio per la libertà di stabilimento, in violazione dei principi del Trattato”.

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