giovedì, novembre 10, 2011

Maxi-emendamento del governo: accolte alcune importanti obiezioni del CNF, ma il Parlamento deve fare di più.


Con la crisi che incombe, il governo ha presentato ieri (mercoledì 9 novembre) il maxi-emendamento al ddl di legge stabilità, che il Parlamento dovrà licenziare tra oggi e sabato.
Il Cnf rileva che vi è stato qualche opportuno ripensamento dell’ultima ora su norme contro le quali il Consiglio è insorto con immediatezza.
In particolare, il governo ha espunto dal testo definitivo l’anticipo dell’entrata in vigore della mediazione anche per le materia finora escluse (condominio e risarcimento danni da circolazione autoveicoli); e non ha inserito quella disposizione, contraria a ogni principio di civiltà giuridica, della motivazione lunga “a pagamento”.
Se questo è il massimo che il Governo poteva fare, per i cittadini non può essere ancora sufficiente. Sono mantenute infatti altre gravi previsioni che ostacolano l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini, trasformandolo in un percorso minato.
Come, infatti, non considerare alla stregua di mine anti civiltà le norme che dispongono l’aumento del contributo unificato per i processi di appello e Cassazione o che introducono la multa fino a 10.000 euro in caso di rigetto della istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado.
In materia di ordini professionali, il governo ha peggiorato ulteriormente la previsione in materia di società tra professionist: sono infatti confermati i soci di capitale che possono anche essere di maggioranza. Il libero professionista perderà così autonomia e indipendenza dalla forza del grande capitale, e il cittadino non avrà più tutela nei confronti dei detentori di tale capitale. Così un altro passo teso ad assecondare i poteri economici forti verrebbe compiuto.
Il Cnf non può che confermare la propria serrata critica al testo del maxi emendamento, che mortifica le professioni nel poco decoroso tentativo di scaricare sulle stesse le straordinarie e gravissime responsabilità della politica, della grande impresa, cresciuta ad assistenzialismo pubblico, della finanza senza regole.
E invece i professionisti italiani sono forse le prime vittime di tutto quanto sopra come lavoratori che subiscono tutti i danni della crisi economica in corso, ma che non pesano sullo Stato dal punto di vista previdenziale, che creano occupazione presso i propri studi professionali, che gestiscono attraverso gli Ordini attività d’interesse pubblico a proprie spese, che mai hanno avuto protezioni di welfare.
Il testo definitivo del maxi emendamento ha accolto qualcuna delle critiche del Cnf, ma è troppo poco.
Spetta ora al Parlamento tutto, e in particolare agli avvocati parlamentari, operare uno scatto di dignità che porti a ripensare quelle norme ancora presenti contrarie ad ogni principio di civiltà giuridica e non solo, si dimostrino, soprattutto i colleghi, autonomi da quei poteri forti che vogliono piegare alla ricerca del profitto la tutela dei diritti inviolabili dei cittadini e devono per questo privare di dignità e decoro le libere professioni, prima di tutte quella di avvocato. Basta si ricordino d’essere avvocati.

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