Giudice di Pace di Pisciotta (Estensore: Avv. Guglielmo Prestipino)
Sentenza del 30/11/2010- Sansone c/Telecom-
Sentenza del 30/11/2010- Sansone c/Telecom-
Dalla sentenza:
“E’ possibile inquadrare la fattispecie nella figura giuridica della fornitura del servizio di telefonia (entro un limite massimo di spesa) con pagamento posticipato. Si tratta di una fornitura opzionale che deroga alla regola del prepagamento.
Occorre, allora, verificare se tale operazione, per le modalità in cui è articolata, si presti a configurare un’ipotesi di abuso del diritto, come affermato da parte attrice, con conseguente violazione del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo e successive modificazioni ed integrazioni) e, in particolare:
- dell'art. 2, n.2, lettere c), c -bis), e), laddove si impone il rispetto dei diritti del consumatore ad una adeguata informazione e a una corretta pubblicità; alla buona fede, correttezza e lealtà nell'esercizio delle pratiche commerciali, nonché alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali;
- degli artt. 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 che pongono il divieto per il professionista di porre in essere ogni sorta di pratica commerciale scorretta, ossia quella "contraria alla diligenza professionale, falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori", nonché quelle "che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo".
Sotto tale profilo normativo l’operazione posta in essere dalla Telecom Italia Spa presta senza dubbio il fianco a gravi critiche.
Stando a quanto pubblicizzato sul sito della Telecom Italia Spa, infatti, l’operazione “SOS ricarica” avrebbe un costo del servizio pari a 1 euro.
In verità, l’informazione fornita dalla società di telefonia al cliente viola:
- l'art. 2, n.2, lettere c), c-bis), e), Cod. Consumo circa il rispetto dei diritti del consumatore a un’adeguata informazione e a una corretta pubblicità, alla buona fede, correttezza e lealtà nell'esercizio delle pratiche commerciali, nonché alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali;
- gli artt. 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 che pongono il divieto per il professionista di porre in essere ogni sorta di pratica commerciale scorretta.
Infatti, l’informazione fornita dalla Telecom Italia Spa non risulta affatto corretta e trasparente.
Il costo del servizio “Sos ricarica” è solo apparentemente di 1 euro.
A ben vedere, esso può raggiungere anche il costo massimo di tre euro, senza che il consumatore ne sia edotto.
Oltre all’addebito dell’euro indicato quale costo del servizio, la Telecom Italia provvede a detrarre all’utente anche i due euro ricaricati, a prescindere dal fatto che gli stessi siano effettivamente utilizzati.
In altri termini, se un utente con credito zero ricorre alla SOS ricarica e utilizza soltanto 1 euro dei due messi a disposizione, alla successiva ricarica non si vedrà riconosciuto il credito residuo di 1 euro sui 2 ricevuti in anticipo.
Per intendersi con un altro esempio numerico: qualora ricarichi 10 euro, l’utente avrà un credito residuo non di otto euro (10 euro ricaricati – 1 euro consumato – 1 euro di costo servizio) ma di sette euro (10 euro ricaricati – 2 euro “anticipati” – 1 euro di costo servizio).
Questo tipo di operazione, di per sé astrattamente non illecita ove adeguatamente conosciuta dai contraenti e liberamente accettata, si colora di illegittimità per l'assenza di una corretta pubblicità.
Ciò, evidentemente, richiede anzitutto la segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, affinché provveda ad applicare la tutela di cui all’art. 27 del Codice del Consumo.
Il comportamento contrattuale scorretto sin qui descritto, inoltre, pur senza poter portare a una pronuncia d’ invalidità delle clausole di addebito dei costi, non prevedendo ciò gli articoli del Codice del Consumo che sono stati invocati e non essendo stata provata la sussistenza dei presupposti vizianti la volontà negoziale, è astrattamente generatore di un danno, patrimoniale anzitutto e che può tradursi anche nella menomazione del diritto alla libera autodeterminazione negoziale.
Infatti, come ha già avuto modo di stabilire la giurisprudenza di merito [cfr. Tribunale Benevento Civile, Sentenza del 7 gennaio 2010, n. 16, “... al cliente - consumatore spetta il riconoscimento del fondamentale diritto "ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità", in base all'art. 2, comma 2, lett. c) del D.Lgs. 6/9/2005 n. 206. Il diritto all'informazione è anche individuale, ed è funzionale a consentire al consumatore l'esercizio consapevole dei suoi diritti e la tutela dei suoi interessi. … L'informazione cui è tenuto il gestore, infatti, deve essere piena e chiara”.
Nel caso concreto, tale menomazione è evidente e, come si diceva, ha un immediato effetto patrimoniale.
Infatti, il costo del servizio (pari a un euro, in quanto l’attore, nel proprio atto di citazione, ha chiarito di aver utilizzato interamente i due euro costituenti la ricarica) – causa la non adeguata informazione – costituisce il danno subito dall’attore per la menomazione del diritto all’autodeterminazione negoziale.
Non è emersa, invece, dall'istruttoria prova alcuna di un eventuale mancato guadagno e di un eventuale danno non patrimoniale.
Infatti, non risulta alcuna prova di una grave compromissione del diritto all’autodeterminazione negoziale, viste le dimensioni che la vicenda ha in termini economici.
Non ha fondamento, invece, la richiesta di pronuncia di contrasto dell'operazione contrattuale descritta con l’articolo 644 c.p. che punisce chiunque, sotto qualsiasi forma, si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, per le stesse ragioni che hanno portato a respingere il primo motivo di doglianza.
Per completezza va segnalato che l'operazione negoziale descritta viola anche l'art. 1 del D.L. 7 del 2007 - così come modificato dalla legge n. 40 del 2007 - avente ad oggetto le cd. ricariche telefoniche che così dispone: « ... è vietata, da parte degli operatori di telefonia ... l'applicazione di prezzi fissi e di contributi per la ricarica di carte prepagate, anche via bancomat o in forma telematica, aggiuntivi rispetto al costo del traffico telefonico o del servizio richiesto. È altresì vietata la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico acquistato o del servizio ... omissis ... ».
Infatti:
- il servizio indicato è equiparabile a una ricarica tout court, anche se con modalità di pagamento posticipate: con la SOS ricarica si ricarica il credito di una prepagata di una cifra prestabilita (2 euro);
- tuttavia, per tale ricarica si impone un termine massimo di utilizzo: alla prima ricarica effettuata dall’utente, dall’importo ricaricato vengono scomputati, oltre all’euro di costo del servizio, i due euro di ricarica;
- ciò risulta corretto nel caso in cui detti due euro siano stati utilizzati, ma appare illegittimo qualora l’utente non sia riuscito ad utilizzarli; infatti in tal caso egli dovrebbe vedersi accreditati i due euro (che vengono pagati regolarmente, anche se posticipatamente) della propria prepagata, il che non è.
Questa modalità commerciale – lo si ribadisce – viola frontalmente la regola esposta secondo la quale “è altresì vietata la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico acquistato o del servizio …”, in quanto operando nel modo sopra descritto la compagnia telefonica stabilisce che il corrispettivo “ricaricato in sos” abbia un termine massimo di utilizzo che è quello intercorrente tra la “sos ricarica” e la successiva ricarica prepagata.
Infatti, se l’utente non riesce a utilizzare subito i due euro, alla successiva ricarica Telecom ne preleva il corrispettivo senza riconoscerne l’importo sul credito della carta.
Conseguentemente, deve dichiararsi anche sotto questo profilo l’illegittimità della pratica commerciale descritta".
Nessun commento:
Posta un commento