ROMA — Francesco Cossiga, Romano Vaccarella, Giuseppe Gargani.
A loro tre, magari con l’aggiunta di qualche altro professore di diritto, titolato e di area liberale, pensa Silvio Berlusconi quando annuncia che un comitato di saggi dovrà aiutare il Guardasigilli a stendere la riforma della giustizia.
Una riforma, assicura il capo del governo, che dovrà essere radicale, andare cioè alle fondamenta.
Già giudice costituzionale dimessosi in polemica con il governo Prodi che avrebbe influenzato le decisioni dell’alta Corte sui referendum elettorali, Vaccarella è considerato un giurista vicino al centrodestra che appunto lo indicò per la Consulta.
Non altrettanto può dirsi del senatore a vita, Francesco Cossiga, un battitore libero che in passato ha condotto aspre battaglia contro il giustizialismo e le interferenze dei magistrati. Basti pensare che da presidente della Repubblica minacciò di inviare i carabinieri nella sede del Csm per impedire una riunione il cui ordine del giorno non era stato da lui espressamente approvato in quanto presidente del Csm.
Giuseppe Gargani, parlamentare europeo di Forza Italia, con tutta probabilità, avrà il compito di coordinare il comitato.
Lui ha ben chiaro dove si devono mettere le mani per riformare la giustizia. «Occorre tornare a quella parte del programma con cui vincemmo nel 2001».
Entrando nei dettagli, Gargani osserva che i punti rilevanti sono cinque: «La separazione delle carriere tra pm e giudici, il ripristino dell’immunità parlamentare e quindi una diversa disciplina delle autorizzazioni a procedere, una revisione del Csm che introduca la parità tra membri togati e “laici”, cosa questa che a parola trova favorevole anche Luciano Violante, e per quanto riguarda l’azione penale vanno indicate le priorità bisogna cioè dare degli indirizzi, dei criteri ai quali i magistrati devo attenersi e non più affidarsi alla loro discrezionalità».
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