Una nuova legge professionale all’insegna della qualità dei legali, innanzitutto, ma anche una riforma radicale della macchina giudiziaria che, più che sugli interventi sul processo, colmi le carenze di organico e quelle finanziarie.
Sono questi i due capisaldi del percorso riformatore che il Consiglio nazionale forense torna a suggerire al legislatore in questo avvio di legislatura.
L’occasione per diagnosticare i mali di sempre ma anche per proporre soluzioni rinnovate alla luce dei primi interventi legislativi del governo Berlusconi, è data dall’incontro organizzato dall’Ordine degli avvocati di Genova, in occasione della seduta itinerante del Cnf, incontro che si è tenuto oggi presso il palazzo di giustizia del capoluogo ligure.
Il presidente Guido Alpa, nella sua relazione, ha passato in rassegna i temi cari all’avvocatura e anche i primi interventi legislativi, introdotti con la manovra Tremonti, per l’accelerazione dei processi civili.
Sul primo fronte, Alpa ha sottolineano l’urgenza della riforma della professione, attesa ormai da sessant’anni, che abbia come obiettivo generale il miglioramento della qualità della professione. In questo senso devono essere interpretati gli interventi sulla formazione universitaria, sul tirocinio, sull’esame di stato, sulla formazione continua e obbligatoria, già avviata per via regolamentare dallo stesso Cnf.
Altro caposaldo, intoccabile per gli avvocati come ha sottolineato il segretario del Cnf Pierluigi Tirale, è la funzione disciplinare degli ordini e il mantenimento del codice deontologico preservandolo dalle tentazioni limitatrici dell’Autorità Antitrust. “Riterremmo incostituzionale qualsiasi provvedimento che mirasse a sopprimere questa funzione ”, ha evidenziato Alpa. “La disciplina deontologica differenzia la nostra professionale, che è intellettuale, da qualsiasi attività di impresa”.
In relazione alla questione del contenimento del numero degli avvocati iscritti all’albo, limitandolo ai soli legali effettivamente impegnati nella professione, Alpa ha specificato che il Consiglio è in linea con quanto si prevede in proposte di legge già formalizzate in parlamento che rafforzano il potere degli ordini di vigilare sull’attività svolta dai legali iscritti, anche sulla base dei dati forniti dalla Cassa di previdenza forense, e riconoscono loro la possibilità di cancellare gli avvocati che iscritti da tempo denunciano un reddito irrisorio (stimati in 25mila) o che addirittura non siano affatto iscritti alla Cassa (altri 25mila).
“La seconda questione è quella di una radicale riforma della macchina giudiziaria”, ha continuato Alpa. “Non crediamo che la soluzione sia quella di incidere sulle procedure se non nel senso della loro semplificazione”.
Commentando le anticipazioni sul disegno di legge Tremonti, Alpa ha indicato come “una possibile soluzione il procedimento sommario di cognizione ma non quella del generalizzato dimezzamento dei termini processuali, che si risolve in un aggravio nell’attività degli avvocati e che non incide sulla strozzatura della fissazione delle udienze da parte dei magistrati”.
Il Cnf, inoltre, chiede da tempo il potenziamento dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e un miglioramento della normativa sulle class action. Tutte indicazioni che il Cnf rappresenterà al ministro della giustizia Angelino Alfano in un incontro in calendario martedì prossimo.
Tra i temi dell’incontro anche l’antiriciclaggio, argomento sensibile per i professionisti del foro.
Giuseppe Colavitti, dell’ufficio studi del Cnf, da una parte ha sottolineato l’opportunità che il ministro della giustizia semplifichi gli obblighi di adeguata verifica dei clienti e ha rappresentato l’importante blocco di sentenze già emesse in alcuni paesi europei che mette al riparo il segreto professionale escludendo dagli obblighi di comunicazione delle operazioni sospette tutta la consulenza giuridica che non sia quella d’affari.
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