mercoledì, ottobre 12, 2011

Il partito dei Pm e le verità assolute.


Ha ragione Guido Vitiello quando, commentando sul Foglio il libro del magistrato-scrittore Giancarlo De Cataldo In giustizia (Rizzoli), ne deduce che gli esponenti più brillanti del «partito dei Pm» «non ci fanno, ci sono».
Sono sinceramente convinti che gli avvocati siano dei cavillosi intenti a intralciare il corso luminoso della Giustizia incarnato dai pubblici ministeri, angeli vendicatori.
Sono sinceramente convinti che la non utilizzazione delle intercettazioni ottenute in modo irregolare sia un sabotaggio contro lo Stato.
Sono sinceramente convinti che la centralità del processo rispetto alle indagini, che tende a equilibrare il predominio assoluto dell' accusa, sia un regalo elargito a mafiosi e delinquenti.
Sono sinceramente convinti che mettere in rilievo le contraddizioni di un testimone dell' accusa sia un atto deplorevole, meritevole della pubblica riprovazione morale.
Sono sinceramente convinti che gli indagati già massacrati sui media pretendano addirittura di lasciarsi intervistare.
Sono sinceramente convinti di essere degli agenti del Bene con la missione di estirpare il Male.
Sono soprattutto convinti che chi dissente dai dogmi del partito dei Pm sia un poco di buono, febbrilmente intento ad applicare alla lettera i dettami del tenebroso Piano elaborato a suo tempo da Licio Gelli.
Curioso e bizzarro argomento, generalmente esteso anche ad altri ambiti della vita associata.
Se per esempio sostieni (peraltro confortato da un voto popolare espresso in un referendum) che ci vorrebbe la privatizzazione della Rai, c' è sempre il piccolo inquisitore che ti inchioda sottolineando che la privatizzazione della Rai la voleva anche Gelli e che dunque la difesa della spartizione partitocratica della tv di Stato costituisce una pratica di sano ed eticamente superiore antipiduismo.
Se sostieni che, insomma, una sia pur blanda separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri potrebbe essere una soluzione ragionevolmente garantista, c' è sempre chi, sinceramente credendoci, ti fa notare che anche in questo caso saremmo di fronte a un eclatante esempio di criptopiduismo.
Difficile difendersi da un argomento così ficcante.
E certo non sarebbe un attestato di genuina fede antigelliana la semplice constatazione che una qualche forma di separazione delle carriere (con modalità e sfumature diverse, ma sempre mantenendo ben ferma la linea divisoria tra chi accusa e chi giudica) è presente nella stragrande maggioranza degli ordinamenti giuridici del mondo democratico.
Tutti servi di Gelli, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dalla Francia alla Spagna e così via?
Sinceramente convinti che questa obiezione nasconda occulte influenze della massoneria deviata, gli antigarantisti che «non ci fanno, ma ci sono» diranno, in tutta e immacolata sincerità, che l' Italia è un caso troppo particolare per poter pretendere di rispettare gli standard di un normale Stato di diritto.
Pretesa di impronta vagamente piduista, peraltro. O no?

Battista Pierluigi

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