(Cassazione penale Sentenza 03/09/2010, n. 32675)
Con la sentenza in epigrafe il Supremo Collegio ha ribadito la necessità che nella valutazione delle prove sia sempre assicurato dal giudice penale un adeguato e prudente vaglio di ogni circostanza che possa incidere sulla attendibilità e che sia assolto in modo pieno l’onere di una adeguata motivazione.Non assolve tale coppia di doveri il giudice d’appello che, a fronte di una imputazione originata dalla denuncia del marito separato, che lamentava che la ex moglie non gli consentiva di frequentare nel modo prescritto la figlia, valorizzi acriticamente le dichiarazioni rese dallo stesso marito e dalla madre di lui.
La decisione della Corte di merito era fondata su una massima di esperienza per quanto attiene la posizione del marito, osservandosi che la attendibilità delle dichiarazioni è, ovviamente, inversamente proporzionale al grado di ostilità che il dichiarante abbia nei confronti dell’imputato (e nella fattispecie risultava elevata animosità reciproca).
Un’ analoga massima di esperienza non veniva espressamente formulata, invece, per quanto attiene le dichiarazioni della suocera, atteso che la sentenza si fermava a rilevare come essere fossero state sostanzialmente limitate a riportare le dichiarazioni del figlio e poco perspicue.
Non sembra tuttavia potersi negare come, statisticamente, le dichiarazioni di stretti congiunti della parte offesa, massimamente della madre della parte civile e ancor maggiormente rispetto a circostanze ad alto contenuto emotivo come quelle concernente la conflittualità sui figli con la nuora separata, si presentino con un ragionevole grado di non del tutto ferma attendibilità e che esse, anche se rese in buona fede, devono essere valutate con rigore.
Di tale rigorosa valutazione deve inoltre darsi una articolata e precisa motivazione nei gradi di merito del giudizio, ricorrendo altrimenti un vizio della sentenza.
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