mercoledì, settembre 24, 2008

Custodia cautelare patita per ingiusta detenzione: è da computare nella pena da espiare(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 25 luglio


LA MASSIMA:"Il pubblico ministero nel determinare la pena che un soggetto deve espiare è tenuto a computare a norma dell’art. 657 c.p.p. il periodo di custodia cautelare che il condannato ha subito per un altro reato, anche nel caso in cui il medesimo abbia per detto periodo ottenuto un’equa riparazione per l’ingiusta detenzione".

Le Sezioni Unite hanno ricordato che "L’art. 657 c.p.p., in tema di esecuzione, disciplina il computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo ed in particolare sancisce che “il pubblico ministero nel determinare la pena da eseguire computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per un altro reato”; quest’ultimo dettato non lascia adito a dubbi: il pubblico ministero, preso atto di un periodo di privazione della libertà a titolo di custodia cautelare deve operare la detrazione, unico limite essendo rappresentato dalla circostanza che la misura sia stata subita dopo la commissione del reato per il quale va determinata la pena da eseguire. Il computo in questione costituisce dunque una regola imprescindibile e della stessa occorre tenere conto in materia di riparazione".

Affermando che in tale ottica "va letto l’art. 314 c. 4 c.p.p il quale prevede che “il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena” e significativamente è stato affermato che il riferimento è da intendersi come se fosse detto “per quella parte che deve essere computata” (Cass. 20-11-01 n. 13322, non massimata sul punto); proprio tale disposizione vale a confermare l’inderogabilità di cui sopra e l’assenza di ogni discrezionalità nella applicazione della fungibilità: i due istituti non sono dunque alternativi e non può con riguardo ai medesimi parlarsi di scelta, essendo destinato a prevalere quello contemplato dall’art. 657 c.p.p.".
In sostanza: "Il contesto normativo, così interpretato, ha una ben precisa ratio la quale consiste nel privilegiare in via diretta il bene primario nonchè indisponibile della liberà, rendendo legittimo un determinato periodo di detenzione, che originariamente non lo era, così escludendo che l’interessato debba scontare la pena detentiva per un ulteriore pari lasso temporale. La fungibilità, costituendo una reintegrazione in forma specifica, ha invero una ben maggior valenza rispetto ad una riparazione di carattere patrimoniale, la quale “monetizzando il sacrificio di una libertà inviolabile ne costituisce un pallido rimedio” (testualmente: Corte Cost. sentenza n. 219/2008)".
In definitiva: "È quindi indubbio che l’interessato il quale abbia ottenuto la riparazione esercitando tempestivamente la relativa domanda in un momento nel quale mancava il presupposto della fungibilità (ossia una sanzione detentiva da eseguire), ha diritto alla detrazione di cui all’art. 657 c. 2 c.p.p. quando intervenga successivamente una condanna definitiva ad una pena di durata non inferiore a quella della custodia cautelare sofferta; ma questo diritto va riconosciuto anche nel caso in cui la riparazione sia stata invocata e concessa, pur ricorrendo la possibilità dello scomputo: ciò perchè, come esposto in precedenza, non sarebbe configurabile una realizzata scelta o rinuncia da parte del condannato, bensì un’illegittima iniziale omissione del pubblico ministero".

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