lunedì, aprile 02, 2012
LA C.D. AUTOSUFFICIENZA DEL RICORSO PER CASSAZIONE.
Il ricorso per cassazione deve essere autosufficiente al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la portata delle censure proposta senza dover ricorrere alla lettura di altri atti, ivi compresa la sentenza impugnata, e atteso in particolare che colui che deduca l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata, erronea o illegittima valutazione di alcune risultanze probatorie ha l'onere "di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non o mal valutate, evidenziando, in particolare, cosa consistessero le circostanze che formavano oggetto della prova e quale ne fosse la rilevanza, nonché di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse" (Cass. sez. II, n. 12080 del 2000; Cass. sez. III, n. 7434 del 2001; Cass. sez. III, n. 7938 del 2001).
Il ricorso per cassazione deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti difensivi del pregresso giudizio di merito (Cass. sez. . 3, sentenza n. 01037 del 02/02/1994).
La parte che deduce il vizio di carenza di motivazione ha l'onere di indicare in modo autosufficiente (non solo "per relationem", bensì con specificazione completa e idonea a consentire, attraverso il solo ricorso e senza rendere necessario l'esame degli atti del processo, la chiara e completa cognizione delle argomentazioni) gli elementi di cui lamenta l'omessa o insufficiente valutazione nella loro consistenza materiale, nella loro pregressa indicazione (in sede di merito) e nella loro rilevanza processuale (come potenziale idoneità a condurre a una diversa decisione) al fine di consentire al giudice di legittimità di accertare il verificarsi della carenza e di valutarne la decisività (Cass. sez. l, sentenza n. 04759 del 13/04/2000).
La parte che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l'onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, a una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti e alle risultanze processuali (Cass. sez. 3, sentenza n. 00849 del 24/01/2002).
In tema di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, il ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d'appello deve essere autosufficiente, non potendosi fondare sul mero e generico rinvio al ricorso introduttivo, senza neppure alcuna trascrizione del contenuto di quest'ultimo; né può essere affidato a deduzioni meramente generali, astratte e apodittiche, tese più ad assodare affermazioni di principio che a concretamente prendere posizione compiuta - traducendola in specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità - sulle singole conclusioni tratte dalla corte territoriale in relazione alla fattispecie portata al suo esame (Cassazione sez. 1, sentenza n. 17183 del 14/11/2003).
Ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, è necessario che il ricorrente indichi in modo autosufficiente, e cioè con specificazione che consenta, attraverso lo stesso ricorso, la chiara e completa cognizione dei fatti e delle argomentazioni, gli elementi trascurati dalla sentenza impugnata, nella loro materiale consistenza, nella loro pregressa deduzione in sede di merito e nella loro processuale rilevanza, intesa quale potenzialità probatoria che consenta di giungere a una diversa decisione. (Cass., sent. 11133 del 11/06/2004).
Nel giudizio di legittimità, il ricorrente che deduca omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie, ha l'onere, in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di specificare, trascrivendole integralmente, le prove non o male valutate nonché di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse (Cass., sent. n. 1415/02).
E' principio affermato che ai fini della sussistenza del requisito dell'esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto a pena d'inammissibilità per il ricorso per cassazione dall'articolo 366 c.p.c., è necessario che nel contesto dell'atto d'impugnazione si rinvengano gli elementi indispensabili perché il giudice di legittimità possa avere, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, una chiara e completa visione dell'oggetto dell'impugnazione, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti (in tal senso, Cass., sentenza n. 0385 del 14/01/2003). Il ricorso per Cassazione deve contenere, ai sensi dell'articolo 366, comma 1, n. 3, del codice di procedura civile, l'esposizione sommaria dei fatti di causa. Tale principio può ritenersi osservato anche nel caso in cui sia inserita, nel corpo del ricorso, la fotocopia della sentenza d'appello.
L'esposizione sommaria dei fatti di causa deve considerarsi carente, con conseguente inammissibilità del ricorso, qualora la sentenza impugnata non contenga, a sua volta, una sufficiente indicazione dei fatti della causa rilevanti ai fini della decisione (Cass., sentenza n. 1957 del 3/02/2004).
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