
Nessun semplice indagato, in Italia, può essere privato del diritto di candidarsi a un'elezione, fine.
Non almeno con la giustizia che abbiamo, laddove qualsiasi persona può ritrovarsi inquisita salvo magari uscire scagionata dopo due lustri, spennata dagli avvocati e sbertucciata da magistrati che frattanto inseguono nuove glorie.
La proposta della Commissione antimafia affinché i partiti non candidino imputati, perciò, è segnale di cattiva civiltà giuridica e soprattutto di cattiva memoria.
In Italia è davvero il caso che i diritti civili vengano tolti solo ai condannati in giudicato, e del perché ci abbiamo riempito i libri.
Ai partiti resti la responsabilità di scegliere i candidati e agli elettori quella di votarli: dopodiché, se voteranno dei mafiosi, si prenderanno quelli.
Non è cinismo, è il prezzo della democrazia, a meno di sospenderla come proposto anni fa dai magistrati Scarpinato e Ingroia, per la precisione «sospendere autoritativamente la democrazia aritmetica al fine di salvare la democrazia sostanziale».
Anche Elio Veltri propose qualcosa del genere: a un Parlamento pieno di corrotti andava preferito, scrisse, «il lavoro dei magistrati» nonché «un gruppo interdisciplinare esterno al Parlamento».
Brividi. E non solo risate.
Filippo Facci
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