E che c'è mai di più lodevole della verità? Anche se in Platone un detto d'Alcibiade attribuisce la verità al vino e ai fanciulli, si tratta tuttavia di un elogio che, in assoluto, spetta soprattutto a me.
Ne fa fede Euripide che a me si riferisce col celebre detto: "Il folle dice cose folli". Il folle porta scritto in faccia, e traduce in parole, tutto quanto ha nel cuore. I saggi, invece, sempre secondo Euripide, hanno due linguaggi: quello della verità e quello dell'opportunismo.
E' loro caratteristica mutare il nero in bianco, spirando dalla medesima bocca ora il freddo ora il caldo, avendo in fondo al cuore tutt'altro da quello che dicono nei loro artefatti discorsi. Nella loro fortuna i prìncipi a me sembrano sotto questo rispetto molto sfortunati: non hanno nessuno che dica loro la verità, e sono costretti ad avere come amici degli adulatori.
Ma, si potrebbe osservare, le orecchie dei prìncipi detestano la verità e proprio per questo rifuggono dai saggi, nel timore che qualcuno di lingua più sciolta osi dire cose vere piuttosto che gradevoli.
Così è: i re non amano la verità. Tuttavia proprio questo si volge mirabilmente in vantaggio per i miei folli: da loro si ascoltano con piacere, non solo la verità, ma anche indubbie insolenze, a tal punto che, la stessa cosa, detta da un sapiente, gli frutterebbe la morte, detta da un buffone diverte il signore oltre ogni dire.
La verità, infatti, ha un non so quale schietta capacità di piacere, purché non si accompagni all'intenzione di offendere: ma questo è un dono che gli Dèi hanno elargito ai soli folli.
Dall' "Elogio della Follia" di Erasmo da Rotterdam
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