martedì, maggio 14, 2013

ANAI: non riproporre la mediaconciliazione!

 
«Non comprendiamo la sua ostinazione a portare avanti un'iniziativa improvvida, come l'obbligatorietà della mediaconciliazione, che è stata dichiarata incostituzionale e che non potrà essere riproposta per le innumerevoli ragioni di illegittimità che sono state illustrate nelle ordinanze di rimessione alla Consulta riportate per esteso nella sentenza di incostituzionalità».
È quanto scrive Maurizio de Tilla, presidente dell'Associazione nazionale avvocati italiani (Anai), in una lettera al vicepresidente del Csm, Michele Vietti.
«Basta leggere la motivazione della decisione della Consulta - ha aggiunto De Tilla - per prendere consapevolezza che la normativa sulla obbligatorietà della mediaconciliazione, oltre che per il vizio macroscopico di eccesso di delega, sarebbe stata inficiata da altre ben più gravi ragioni: la grave limitazione all'accesso alla giustizia, la non gratuità della procedura, gli effetti negativi nel successivo giudizio, che comporta la introduzione di un vero e proprio quarto grado di giudizio, la lunga durata del tentativo, l'eccessiva estensione delle materie, la inidoneità dei mediatori e, infine, l'evidente intento di lucro che ha fatto in modo che si costituissero più di mille Camere di conciliazione private, autorizzate in massima parte con il silenzio-assenso».
L'Anai quindi invita il vicepresidente Vietti a «riflettere bene sul perché in tutti i Paesi europei non esista l'obbligatorietà della media conciliazione, mentre si incentiva la conciliazione endoprocessuale».
Allo stesso modo, l'associazione ricorda ancora una volta gli strumenti per ridurre i tempi della giustizia: processo telematico, spesa razionale delle risorse destinate alla giustizia, incremento dei giudici togati, introduzione di prassi virtuose come il metodo Barbuto e smaltimento dell'arretrato ai giudici laici.
«Sarebbe poco dignitoso - conclude De Tilla - aprire un nuovo fronte con una rinnovata contrapposizione tra cittadini e avvocati da una parte e poteri economici dall'altra».

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