venerdì, settembre 02, 2011

Cassazione Civile: il danno da lite temeraria è "in re ipsa".


Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2011, n. 17485, pres. Petti, rel. D'Amico



Motivi della decisione

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 96 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".
Sostiene parte ricorrente che il fondamento della fattispecie consiste nell'abuso del diritto o abuso del processo.
E' infatti espressione di un atteggiamento di grave negligenza o malafede nell'esame dei dati processuali richiedere il pagamento di un credito ad un soggetto estraneo e/o comunque pretendere una seconda volta il pagamento di un credito che è già stato quietanzato come da scrittura privata prodotta dalla T. R.
Con il secondo motivo si denuncia "omessa e/o insufficiente o contraddittoria motivazione su un fatto decisivo del giudizio in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5".
Secondo parte ricorrente appare contraddittoria la decisione. della Corte d'appello che, da una parte, accerta, dichiara e riconosce la malafede o quantomeno la colpa grave nella proposizione dell'azione da parte della T.I.F. e dall'altra non ritiene di individuare elementi del danno derivato da un'azione svolta in mala fede e che nel corso del giudizio ha impegnato la difesa della T. R. che a fronte di un credito inesistente si è vista citare in giudizio, pur essendo totalmente estranea al credito azionato.
I motivi, strettamente connessi, devono esser congiuntamente esaminati ed accolti.
All'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria non osta infatti l'omessa deduzione e dimostrazione dello specifico danno subito dalla parte vittoriosa, che non è costituito dalla lesione della propria posizione materiale, ma dagli oneri di ogni genere che questa abbia dovuto affrontare per essere stata costretta a contrastare l'ingiustificata iniziativa dell'avversario e dai disagi affrontati per effetto di tale iniziativa, danni la cui esistenza può essere desunta dalla comune esperienza (Cass., 5 maggio 2003, n.6796).
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c., con condanna della T.I.F. s.r.l. al pagamento di Euro 10.000,00 ex art. 96 c.p.c., per il giudizio di primo grado, oltre interessi dalla data della relativa sentenza. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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