Cassazione civile, sez. III, ordinanza 17.09.2010 n. 19816.
Dalla sentenza:“Il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali deriva da una precisa norma del codice civile (art. 2059 cod. civ.), che la L. n. 57 del 2001, non ha certo abrogato.
L'art. 5 della suddetta legge si è limitato a dettare i criteri di liquidazione del danno biologico - cioè di quell'aspetto del danno non patrimoniale che afferisce all'integrità fisica - senza per questo escludere che, nella complessiva valutazione equitativa circa l'entità della somma spettante in risarcimento, il giudice debba tenere conto anche delle sofferenze morali subite dal danneggiato.
Le sentenze della Corte di cassazione a S.U. n. 26972 e 26973/2008 - citate dalla resistente - confermano tale principio, disponendo che non è ammessa la creazione di diverse tipologie autonome e a sè stanti di danno non patrimoniale (ed in particolare di quella del danno c.d. esistenziale), per attribuire una specifica somma in risarcimento di ognuna; ma che il giudice deve comunque tenere conto - nel liquidare l'unica somma spettante in riparazione - di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (danno alla vita, alla salute, ai rapporti affettivi e familiari, sofferenze psichiche, ecc.).”
"La parte danneggiata da un comportamento illecito che oggettivamente presenti gli estremi del reato ha diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., i quali debbono essere liquidati in unica somma, da determinarsi tenendo conto di tutti gli aspetti che il danno non patrimoniale assume nel caso concreto (sofferenze fisiche e psichiche; danno alla salute, alla vita di relazione, ai rapporti affettivi e familiari, ecc.)".
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