martedì, luglio 25, 2006
INTERVENTO TENUTO AL SENATO IL 25/07/2006, DAL SEN. BUCCICO (GIA' PRESIDENTE DEL CNF).
BUCCICO (AN). Signor Presidente, colleghi senatori, le norme che vengono introdotte con la cosiddetta legge Bersani costituiscono un attacco e uno svilimento delle libere professioni e sintomaticamente è stato scelto il ceto forense, che è considerato il ventre molle delle libere professioni, perché, nei confronti degli avvocati si addensano e si aggrumano ormai da secoli antichi pregiudizi. È stato facile per il Governo attaccare le libere professioni ed in particolare gli avvocati, ma gli avvocati sanno e sapranno difendersi e sanno distinguere fra chi vuol difendere la loro libertà e la libertà cittadini, la loro indipendenza e l'indipendenza dei cittadini.
Risibile è stato il tentativo di alcuni colleghi del Gruppo della Margherita di far pervenire a tutti gli ordini forensi un effimero, transitorio, inutile successo nella Commissione giustizia, laddove, a pochi giorni di distanza vi è stato il fuggi fuggi nella Commissione bilancio, quando si è cercato, con il nostro contributo fattivo, di migliorare comunque un testo di legge punitivo nei confronti di ceti tradizionalmente insediati a difesa e a presidio della libertà nel nostro Paese. Soltanto chi ha studiato Adamo Smith sulle dispense di scuola serale in carattere cirillico poteva pensare di liberalizzare un ceto come quello degli avvocati, che ormai assomma 180.000 professionisti ed è altamente liberalizzato e intriso di libertà e di concorrenza.
Invece di intervenire sulle tariffe minime e far cadere il patto di quota lite, che era addirittura vietato come reato, a tutela della indipendenza dell'avvocato, che non poteva condividere la sorte del cliente, occorreva intervenire sulla formazione obbligatoria e sulla qualità. Si è cercata la strada più semplice, non si è cercato il dialogo con la classe forense, anzi è stato evitato e in questa maniera si stanno svilendo, svalutando, snaturando le caratteristiche identitarie non soltanto degli avvocati, ma di tutti i professionisti italiani.
Inoltre, colleghi senatori, con questo sistema non si consegue neppure quella che è la finalità confessata nel decreto Bersani, cioè l'effettiva facoltà di scelta e di comparazione di quelli che vengono eufemisticamente chiamati consumatori, ma che noi vogliamo chiamare cittadini, al pari di tutti gli altri soggetti del nostro Paese. L'Europa viaggia in una direzione opposta a quella che è intrapresa oggi dal decreto Bersani, come dimostra - è stato già ricordato da altri - quello che è scritto nella risoluzione del Parlamento europeo del 23 marzo 2006 sulle professioni legali.
Abbiamo scelto la strada della mercificazione più superficiale, sull'onda mimetica di Paesi che non hanno a cuore la tradizione della cultura del diritto del cittadino, che è la finalità con cui si esercita la professione legale e si esercitano tutte le altre, soprattutto quelle riservate.
Desidero dire al Governo ed ai colleghi della maggioranza che gli effetti che si determineranno da questa mercificazione senza limiti saranno deleteri non tanto per gli avvocati, quanto per i cittadini, anzi soprattutto per i cittadini, nel momento in cui le tariffe minime vengono approvate e viene introdotto il patto di quota lite, che significa assunzione di corresponsabilità della causa da parte dell'avvocato, che diventa titolare della causa, che non difende esclusivamente gli interessi del cliente, ma soprattutto i suoi, nel momento in cui diventa socio del cliente.
Con il patto di quota lite si determinerà inevitabilmente una corsa verso il basso e, mancando in molti il senso etico della responsabilità, questa corsa verso il basso farà crescere la litigiosità, il Governo otterrà l'effetto contrario e non si tuteleranno i diritti dei cittadini.
Voglio ricordare un principio santo nelle democrazie liberali quand'è in gioco il diritto di difesa. Il diritto di difesa può essere soddisfatto soltanto dall'effettività dell'esercizio di tutela di tale diritto, ma quando a parametro comparativo si adotta esclusivamente o anche solo prevalentemente il prezzo della prestazione, il diritto di difesa non può essere né garantito né soddisfatto. Quando in un Paese civile e democratico, ispirato alla tradizione della tripartizione dei poteri, il diritto di difesa viene così svilito ed emarginato, colleghi senatori, è il fondamento stesso della democrazia e della libertà che viene conculcato e accantonato.
In tal modo, non riusciremo a soddisfare in maniera effettiva e seria il diritto dei cittadini. Quando dico noi, intendo i professionisti italiani, che sono un ceto grande e libero, costituito da 2 milioni di persone. Certamente, anche i professionisti italiani hanno le loro responsabilità, perché nel sistema ordinistico forse non sono riusciti a sintonizzarsi con i tempi. Ma qui le responsabilità si sfuggono. Se gli avvocati non riescono a darsi uno statuto normativo dal 1933, i Governi succedutisi dal 1945 ad oggi dovranno pur avere qualche responsabilità.
Intravedo il pericolo maggiore di questa operazione: è soltanto l'inizio dell'erosione, ma non solo dei diritti dei liberi professionisti, perché i liberi professionisti sapranno tutelarsi e difendersi.
Voglio dirlo con molta chiarezza e lo ha accennato ieri anche il senatore Biondi: noi manterremo i nostri codici deontologici. Quella norma assurda e ridicola secondo cui, con questo decreto-legge, si cancellano i codici deontologici, noi non la osserveremo, perché i codici deontologici sono l'abito morale delle libere professioni, provengono dalla nostra indipendenza e sono il fondamento delle nostra libertà! (Applausi dai Gruppi FI e AN).
Lo ha ricordato la Corte costituzionale - insediatasi nel nostro Paese nel 1955, con il ritardo storico di molti anni - in una celebre sentenza del 1956. Lo hanno ricordato, anche recentemente, le Sezioni unite: fonderemo associazioni in cui si sosterrà apertamente che ci atterremo alle tariffe e che non andremo sotto il minimo tariffario, perché soltanto tale soglia minima può garantire la qualità della prestazione professionale.
In effetti, l'essenzialità e l'esigenza delle tariffe sono riconosciute anche dal Governo, nel momento in cui si sostiene che per talune categorie, come gli arbitrati, occorre far riferimento alle tariffe, nel momento in cui, con l'emendamento del Governo e della maggioranza - votato anche da noi in Commissione - si sostiene che per gli appalti bisogna attenersi alle tariffe, e ancora, nel momento in cui si dice che, in giudizio, occorre far riferimento alle tariffe. Le tariffe costituiscono un orientamento e un parametro. Se non manteniamo il limite minimo di garanzia di effettività della prestazione, entreremo nella giungla della tutela dei diritti. Forse è questo che si vuole, perché l'obiettivo politico non è la semplice scalfittura dei diritti di taluni professionisti proveniente dal decreto-legge Bersani.
L'obiettivo politico è un altro: la rivisitazione degli ordini professionali. E poiché dietro Bersani vi è l'ombra di Banquo, cioè l'ombra di Visco, non dimenticatelo, colleghi senatori, perché c'è già stato un tentativo di rapina negli anni passati: l'obiettivo sono le casse professionali, che sono il frutto dei vostri sacrifici e di tutti i professionisti italiani.
In questo modo, si vuole trasformare e snaturare la collocazione dei ceti sociali. Oggi si sostituiscono i professionisti legali con i CAF dei sindacati, perché questa è la verità. I servizi legali sono affidati ai CAF dei sindacati. Domani cercheranno di marginalizzare tali ceti professionali con una diversa collocazione sociale nel nostro Paese. Queste che riaffiorano, purtroppo, soprattutto nella sinistra, sono le vecchie diffidenze marxiane e antiborghesi, cui si affianca il servilismo degli amici della Margherita che si attestano sulle medesime posizioni.
Ebbene, di fronte a questo attacco frontale nei confronti del mondo della libertà e dell'indipendenza, cioè del mondo dei professionisti, penso che sia giusto, utile e necessario che i professionisti oppongano, questa volta positivamente, una strenua resistenza; certo, ossequiosi della legge, perché noi lo siamo sempre, ma riportando nell'effettività delle prestazioni, qualità, competenza, professionalità, autonomia e indipendenza.
Guardate, la libertà e l'indipendenza sono caratteristiche ereditarie e non possono essere sottratte agli uomini, ai cittadini. Le difenderemo votando contro il cosiddetto decreto Bersani e mobilitando il Paese contro questo tentativo liberticida di uccidere, con le libertà dei professionisti italiani, le libertà dei cittadini italiani. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Congratulazioni).
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