martedì, agosto 04, 2020

Condominio: i criteri legali di riparto delle spese, proporzionali alle singole carature millesimali, sono inderogabili.

Cass. Civ. II Sez.  ord. 16531/2020 del  31 luglio 2020.

 “Le spese di riparto delle spese condominiali sono legittimamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite, che ne consente il riparto in proporzione ad esso (Cass. 7 novembre 2016 n. 22573, in relazione ad impianto di riscaldamento).

Più in generale, si è detto che le spese comuni devono essere suddivise in misura proporzionale al valore delle singole proprietà, attesa l'insussistenza di una concorde deroga convenzionale al regolamento condominiale, con la conseguente applicazione, nel caso di specie, della generale previsione trasparente dall'art. 1123 c.c., comma 1, (cfr. Cass. n. 2301 del 2001; Cass. n. 17101 del 2006 e Cass. n. 6714 del 2010).

In altri termini, le delibere delle assemblee di condominio aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, con le quali si deroga - "una tantum" - ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime, ove adottate senza il consenso unanime dei condomini, sono nulle.

Deve, quindi, riaffermarsi il principio di diritto alla stregua del quale, in mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell'art. 1123 c.c., co. 1, e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio "capitario" le spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune.

Invero, deve ritenersi affetta da nullità (che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all'assemblea ancorché abbia nella stessa espresso voto favorevole), e quindi sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall'art. 1137 c.c., la delibera dell'assemblea condominiale con la quale senza il consenso di tutti i condomini si modifichino i criteri legali ex art.1123 c.c. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese per la prestazione di servizi nell'interesse comune.

Ciò in quanto eventuali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca.

Infatti, l'adozione di criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento contrattuale, incidendo sui diritti individuali dei singoli condomini, può essere assunta soltanto con una convenzione alla quale aderiscano tutti i condomini, non rientrando nelle attribuzioni dell'assemblea che concernono la gestione delle cose comuni.

Pertanto, erroneamente i giudici di appello hanno escluso che ricorra la nullità della delibera condominiale quando l'assemblea del condominio proceda a una modificazione dei criteri di riparto non in via definitiva ma soltanto contingente e riferita a spese straordinarie: l'assemblea - in mancanza di un accordo unanime dei condomini - non ha il potere di stabilire o modificare i criteri di riparto delle spese in violazione delle prescrizioni stabilite dall'art. 1123 c.c., secondo cui i contributi devono essere corrisposti dai condomini in base alle tabelle millesimali, atteso che - come si è accennato - tale determinazione non rientra nelle attribuzioni conferite all'assemblea dall'art. 1135 c.c..

In tal senso è il costante orientamento di legittimità, che il Collegio pienamente condivide e dal quale non ravvisa comunque ragione alcuna per discostarsi (ex plurimis, Cass. n. 1511 del 1997; Cass. n. 126 del 2000; Cass. n. 2301 del 2001 cit.; Cass. n. 3944 del 2002; Cass. n. 64 del 2003; Cass. n. 17101 del 2006 cit.; Cass. n. 6714 del 2010 cit.)”.

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