martedì, settembre 10, 2013

Giustizia, riforma nel caos.

Il 13 settembre i tribunali minori (non tutti, però) dovrebbero chiudere i battenti. L’obiettivo è quello di razionalizzare le strutture del sistema giudiziario, evitare la dispersione di risorse, rendere un servizio migliore ai cittadini. In definitiva recuperare qualche decina di milioni di euro. Obiettivi condivisibili, anche a costo di qualche sacrificio, non c’è dubbio. Ma le modalità attraverso le quali si sta arrivando all’accorpamento lasciano perplessi.
Partiamo dall’obiettivo di fondo. I risparmi. Nella prima relazione il ministero della giustizia li aveva quantificati in 80 milioni. Poi sono cominciati ad emergere i problemi concreti e la cifra è più che dimezzata. Secondo una dettagliata analisi compiuta dall’Anai di Maurizio de Tilla si avrà un aggravio di spesa di almeno 30 milioni di euro.
Questo per la necessità di adeguare le strutture dei tribunali ai quali si vanno ad accorpare le altre competenze e strutture. Probabile che la verità stia nel mezzo: un risparmio vicino allo zero, o addirittura negativo in un primo periodo e minori spese di gestione tra due o tre anni, difficili però da quantificare al momento.
Anche perché, a pochi giorni dal 13 settembre, non sono pochi gli elementi di incertezza e ambiguità che rimangono sul tappeto. A cominciare dalla soppressione o meno degli ordini degli avvocati che facevano riferimento ai tribunali soppressi.
Il Consiglio nazionale forense su questo punto non è disposto a scendere a compromessi. Il 22 luglio ha diffuso un articolato parere sulle ragioni giuridiche che sostengono l’impossibilità della soppressione degli ordini locali in assenza di una norma specifica. I problemi più gravi sarebbero relativi ai dipendenti degli ordini, ai debiti e crediti (si trasferiscono in capo al nuovo ordine?), ai procedimenti disciplinari, alla gestione dell’albo. Essendo gli ordini enti pubblici, sostengono gli avvocati, c’è una riserva di legge che non può essere scavalcata nemmeno dal ministero della giustizia.
A via Arenula, però, non ci sentono. Anzi, il ministro avrebbe già firmato una circolare nella quale si sostiene la tesi contraria, cioè l’adeguamento degli ordini forensi alle nuove circoscrizioni giudiziarie. Facile prevedere che sulla questione si innescherà un contenzioso gigantesco. Anche sulla sopravvivenza per due anni, con funzioni limitate, di otto piccoli tribunali, non mancano i problemi. Intanto per l’intempestività della decisione, arrivata solo una settimana prima della chiusura, con un comunicato stampa (mentre il testo del decreto non è ancora disponibile) e quando ormai una parte delle attività necessarie al trasferimento era già in corso: ci sono quintali di faldoni già spostati che ora dovranno ritornare al tribunale di origine.
Con il rischio di creare ulteriore caos negli uffici giudiziari. Ma a via Arenula non ci potevano pensare prima? Anche perché nei giorni precedenti il ministro Cancellieri aveva firmato 42 decreti ministeriali che autorizzano tribunali minori e sedi distaccate in corso di abolizione ad usare i vecchi locali per la celebrazione delle udienze civili e penali già fissate, o per mantenervi il deposito degli archivi.
A qualcuno è stato concesso un anno di proroga, a qualcuno di più, a qualcuno meno. In ogni caso alla scadenza del termine bisognerà sgombrare il campo. A meno che non intervenga la giustizia amministrativa.
Come ha già fatto, per esempio, il Tar di Bari, che ha accolto il ricorso per la sospensiva della soppressione della sede distaccata di Cerignola, presentato dal comune pugliese contro il ministero della Giustizia. Insomma, l’impressione è che il gioco sia appena cominciato.

Per approfondimenti visita: http://www.italiaoggi.it

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