lunedì, febbraio 26, 2007

FERIE E RETRIBUZIONE DEI MAGISTRATI.


I magistrati italiani hanno 51 giorni di ferie, cioè 10 settimane e un giorno di vacanza. Il record mondiale.

Per scoprirlo basta disporre di Internet e ed infilarsi nel sito ufficiale dell'Associazione nazionale magistrati. Accanto ad una statua della giustizia, bendata e con la bilancia in mano, c'è un paffuto bambinone tutto rosa, con in testa il cappello della liturgia e un pannolino invece della toga, che picchia con un martello da giudice.

È la sezione "giovani magistrati", una categoria allegra e portata a vedere un futuro di "magnifiche sorti e progressive". Cliccando sul putto si delineano le belle prospettive del gruppo. Lì si abbandonano le teorie e s'invitano le giovani leve a riflettere su stipendio e ferie. Una goduria.

Un magistrato che ha appena superato il concorso (difficile, ma in passato sono stati scoperti inghippi scandalosi) viene nominato uditore giudiziario. Insomma, sta lì a imparare, è un garzone di bottega, un praticante. Ecco qual'è il trattamento per i primi sei mesi. Trascrivo dal sito: «Al netto di tutte le ritenute, trattenute et similia, la retribuzione netta è di €. 1.680,50».E dopo sei mesi, sempre che non si abbia ancora alcuna funzione, cioè si ascolti e basta, ecco il nuovo stipendio: «Al netto di tutte le ritenute, trattenute et similia, la retribuzione netta è di €. 1.820,77».

Se però all'uditore (dopo i primi 6 mesi) viene conferito un qualche lavoretto, nuovo aumento: «Con le funzioni l'uditore giudiziario inizia a percepire integralmente l'indennità giudiziaria, che quindi raddoppia giungendo a €. 831,00 circa lordi,per un netto di circa €. 756,00 (contro il netto dei primi 6 mesi pari ad 378,02)». Insomma, sono altri €. 340 euro, per un totale finale netto di €. 2.160 euro, equivalenti a lire 4 milioni e 182mila circa. Nette, sia chiaro. Così il magistrato risulta essere il laureato di primo impiego a più alto reddito. Nessun paragone possibile con l'industria privata, o - per restare nel pubblico - con i me­dici o i professori universitari.

Dopo di che l'aumento degli stipendi è automatico. Qualunque cosa il magistrato faccia, i denari son quelli, perchè: «L'attuale trattamento eco­nomico della magistratura è basato su passaggi di grado retributivo svincolati dal conferimento di funzioni "superiori". Tale sistema dà luogo a una vera e propria carriera economica del magistrato non più legata indefettibilmente al raggiungimento delle singole qualifiche di carriera, bensì sostanzialmente ancorata all'anzianità di servizio... I "passaggi" (che possono essere consideratì automatici in quanto le " bocciature " sono molto rare) si articolano nel seguente modo». Sintetizziamo i passaggi arrivando all'ultimo: dopo 28 anni, qualunque cosa faccia o abbia fatto il magistrato, percepisce uno stipendio da «Magistrato di Corte di Cassazione nominato alle funzioni direttive superiori». Qui il sito si fa più generico. Fornisce solo lo stipendio base, in lire. Dunque roba perlomeno antecedente al 2001. Comunque, usando la calcolatrice e sommando le varie indennità siamo arrivati a questa cifra: lire 15.758.089. Lorde però.

C'è però un altro però. Ci spiega un insigne studioso del fenomeno, che per ragioni di sopravvivenza desidera restare anonimo: «Questo stipendio corrisponde al primo livello del terzo grado. Non conteggia gli scatti maturati al livello inferiore rivalutati al livello superiore». Insomma, si fa un altro bel saltino. Non è una paga scandalosa, anzi, per chi diriga un grande ufficio e abbia responsabilità immense. Ma il fatto è che questa pioggia benedetta casca anche su chi abbia deciso d'invecchiare in provincia con un incarico pretorile e scarsi pesi da portare.

«Ci sono altre voci che portano ad aumenti cospicui. Chi ad esempio abbia diretto il Dap (l'amministrazione peni­tenziaria) si porta dietro per tutto il resto della carriera l'inde­nità conseguente, che è quella di generale di corpo d'armata. Insomma, un magistrato come Gian Carlo Caselli si merita circa 20mila euro lordi al mese».

E con quale pensione, dopo 40 anni di servizio, vanno a riposo le toghe? È un mistero. Un esperto del ramo ritiene che la cifra media sia di 12 milioni di lire nette al mese con una liquidazione di 600 milioni (sempre puliti) .

Per capire la differenza da altre categorie benemerite: un professore di università, dopo 40 anni, arriva a 7,2 milioni e la liquidazione è esattamente la metà.

Eravamo però partiti dalle ferie. Sotto il titolo " Quantum", che ci pare sempre un bel latino, si spiega: «Come si evince dalla lettura della normatìva di riferimento e delle delibere del Csm sul punto il regime è il seguente:-I magistrati che esercitino funzioni giurisdizionali hanno diritto a 45 giorni di ferie all'anno;- In aggiunta ai 45 giorni di cui sopra vanno computati altri 2 giorni di congedo ordinario e 4 giorni di festività soppresse (a richiesta) in applicazione della legge n. 937/1977».

Inoltre (se cedete, saltate a dopo il corsivo): «Il dirigente dell'ufficio giudiziario deve discrezionalmente valutare la concedibilità dei giorni di riposo per festività soppresse, avendo riguardo alle esigenze di servizio; non è incoerente che per uno stesso periodo temporale il dirigente dell'ufficio giudiziario neghi la concessione del riposo per festività soppresse e conceda la fruizione di giorni sul residuo feriale pregresso, dovendo far sì che i residui feriali dell'anno precedente siano goduti dall'interessato , entro il primo semestre dell'anno successivo, salvi casi eccezionali, quali possono essere stati di malat­tia e non certo scelte arbitrarie del singolo. L'imputazione dei giorni di riposo al residuo feriale dell'anno pregresso o al periodo di riposo per festività soppresse non è quindi un dato irrilevante nelle determinazioni del dirigente dell'ufficio, o ancor di più un profilo sottratto alle sue valutazioni, avendo questi il dovere di vigilare sul rispetto del termine perentorio del primo semestre dell'anno successivo per il godimento delle ferie da parte dei magistrati addetti all'ufficio e conseguentemente il dovere di favorire l'osservanza dell'indicato termine».

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