martedì, febbraio 02, 2016

La giustizia difensiva che peggiora la vita al cittadino.

E’ notorio come da tempo esista la medicina difensiva, con lo scopo di irrigidire le prescrizioni mediche impartite dal medico, al fine di sottrarsi da eventuali azioni di responsabilità.
Peccato come sia oramai altrettanto noto come una tale prassi costi molto di più al Sistema sanitario e spesso peggiori la vita del paziente (esposto a più analisi, più cure farmacologiche etc.).
Ecco qualcosa di simile oramai esiste anche nel sistema Giustizia.
Il sistema reagisce infatti alle azioni (giurisdizionali, ergo cause) con soluzioni assai discutibili, invece che riorganizzarsi e rendersi più efficiente.
Partiamo dai falsi luoghi comuni, oramai recitati e ripetuti come mantra fino a farli credere come veri: 1) abbiamo oltre 6 milioni di cause pendenti nel processo civile: a parte il fatto che dichiarare che si sia affetti da metastasi serve a ben poco ove non si proceda a verificare quali siano le cause reali, ove si consideri che la Pubblica Amministrazione inefficiente è la prima fonte di cause (es. contro l’Inps, contro le Agenzie delle Entrate che agiscono temerariamente e senza contraddittorio etc.); in realtà il numero attuale è di poco oltre 4 milioni, come ha di recente relazionato il dott. Barbuto al Ministero della Giustizia; 2) in Italia l’elevato numero dei processi lo si deve al numero abnorme di avvocati: che sia elevato (attualmente circa 215.000) è indiscutibile ma non vi è alcuna correlazione scientifica così come ha sottolineato personalmente il Guardasigilli di recente (Rimini, ottobre 2015); 3) gli italiani son troppo litigiosi, tesi scientifica smentita dai numeri, sempre dal dott. Barbuto al Ministero della Giustizia di recente; 4) i giudici italiani hanno le performance migliori d’Europa, altra tesi assai discutibile ove si pensi al recente caso del giudice che nel rinviare una causa alle calende greche (2019) si autogiustificava asserendo che avesse già carichi di lavoro che non potevano certo sfociare in ritmi da schiavismo in contrasto con i diritti fondamentali dell’uomo. Ora si pensi come nel suddetto carico ogni giudice contempli almeno ¼ (sino a 1/3) di udienze fuffa (così dette di precisazione delle conclusioni, ove le parti processuali presentano per iscritto le domande finali, in cui i difensori neppure parlano e in cui i giudici annuiscono con un battito di ciglia).
Eppure i falsi luoghi comuni hanno creato anticorpi discutibili, realizzando dunque la Giustizia difensiva, rendendo complicato ove non arduo domandare tutela al giudice, pertanto realizzando una sacca enorme di diniego di giustizia e costruendo un diritto censorio.
Negli ultimi anni il legislatore ha: a) introdotto strumenti di Alternative Dispute Resolution, assai utili ma in modo discutibile, lacunoso e fazioso (mediazione obbligatoria, mediatori non qualificati, mediazione non terza nel tributario etc.); b) aumentato a dismisura i costi di accesso alla giustizia (introitati dai ministeri della Giustizia e delle Finanze, fino a dover anticipare migliaia di euro o, per fare qualche esempio, dover pagare oltre 700 euro per fare un ricorso in Cassazione per una causa che valga 6.000 euro; c) inventato il cosiddetto filtro nei giudizi di appello e soprattutto di Cassazione, secondo cui soprattutto nel secondo i ricorsi vengono dichiarati inammissibili fino al 90% secondo indecifrabili criteri posti a metà tra la matematica, il bizantino e l’onirico.
Tirare una moneta in aria offre maggiori chance di successo.
Al contempo i giudici hanno: d) applicato gli artt. 91 (condanna alle spese di lite) e 96 (cosiddetta lite temeraria) c.p.c. a targhe alterne: se vinci contro una Pubblica Amministrazione il giudice, pur non potendolo fare, ti compensa le spese (ergo ti paghi le tue) e ti condanno al risarcimento (ad libitum) se osi intraprendere azioni che non mi garbano (ricordo il giudice torinese, ascoltato ancora sabato a Milano) che ha condannato pesantemente i consumatori clienti delle banche per aver osato contestare l’usurarietà degli interessi (sommandoli) anche se una parte della giurisprudenza lo conferma (ma non lui perché “io devo tutelare il sistema”, bancario ovviamente); e) creato ostacoli di ogni sorta alla realizzazione compiuta del Processo Civile Telematico (nato per ridurre tempi e costi della giustizia), con sentenze creative che hanno seminato una miriade di ostacoli, al cospetto di norme tecniche già scritte da folli burocrati.
Tutto questo, invece di affrontarsi alla radice i problemi della inefficienza della giustizia (con una migliore organizzazione del sistema) ha intimidito gli “utenti” della giustizia.
Il risultato è stato inquietante: da anni decine di migliaia di persone rinunciano a chiedere giustizia pur dinanzi alla demolizione dei loro diritti fondamentali, perché economicamente non possono farlo o temono di poter vincere, ma di fatto perdendo.
Et voilà, l’ingiustizia sociale è servita!

di Marcello Adriano Mazzola 
| 1 febbraio 2016

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