venerdì, agosto 29, 2014

Nota di replica ad un articolo dell’ex magistrato Dott. Tinti sul Fatto Quotidiano.

Ho letto l'analisi del Dott. Tinti sul processo civile che ho trovato superficiale e volgare.
Sono un avvocato, la tanto vituperata categoria che, nella maggioranza dei suoi iscritti, non gode né dei redditi né delle garanzie di cui ha goduto il Dott. Tinti prima di dedicarsi a fare il giornalista/scrittore, né certamente di quelli del collega Ghedini o della ex Ministra Severino.
La sua semplificazione del processo mi induce ad una conclusione sulla quale potremmo trovarci d'accordo: perché non risolvere il problema una volta e per tutte introducendo il processo affidato al solo Giudice?
Così facendo ci libereremmo dalla ipocrita legenda che il processo sia condotto dagli avvocati e diverrebbe più evidente e manifesta la circostanza che la Legge "non è uguale per tutti" e che la certezza del diritto - così come l'obbligatorietà dell'azione penale - sono favole graziose che si raccontano ai giovani studenti di giurisprudenza.
Forse il Dott. Tinti ha dimenticato, nella sua simpatica rappresentazione della causa tra il debitore ed il creditore, che il corpo legislativo del nostro paese è composto da circa tre milioni di norme primarie cui vanno ad aggiungersi le regolamentari e, naturalmente le norme di diritto comunitario (queste ultime ancora ignorate da un numero consistente di magistrati ed avvocati) oltre alle clausole contrattuali che, naturalmente, in un giudizio civile vanno esaminate, interpretate e armonizzate con il restante corpo di leggi.
Probabilmente il Dott. Tinti non sa che il grado d'appello dura da 4 a 5 anni perchè questo è il tempo che passa tra la prima e la seconda (ed ultima udienza) e che i suoi (ex) colleghi hanno stabilito che la seconda udienza si deve fare anche quando gli avvocati sono d'accordo per mandare la causa in decisione già alla prima udienza, giusto per evitare ai propri assistiti quei quattro anni d'attesa che possono anche diventare sei o sette se il giudice relatore del processo il giorno dell'udienza ha il mal di pancia, o è andato in pensione, o se nel frattempo è morto l'avvocato o una delle parti.
Al Dott. Tinti è anche sfuggito, nella foga espositiva, che il rimedio elaborato dal Prof. Vaccarella circa dieci anni fa, che prevedeva che il giudice fosse "disturbato" solo dopo che gli avvocati si erano scambiate tutte le osservazioni possibili ed avevano anche formulato tutte le richieste istruttorie, non è stato varato per la forte opposizione di ampi settori della magistratura ed anche di una parte (meno consistente) dell'avvocatura e che un "succedaneo" di tale rimedio, il processo societario, è stato boicottato fin dalla sua entrata in vigore fino a quando non è stato, con sollievo di tutti, abrogato.
Mi perdonerà l'unico riferimento a vicende professionali direttamente vissute ma sto ancora aspettando da un Tribunale laziale una sentenza relativa ad un processo societario iniziato nel marzo 2007 la cui ultima udienza (per un totale di sei!), si è tenuta a giugno scorso.
Potrei continuare a lungo ma abuserei della pazienza del Direttore, che conosce abbastanza bene i meccanismi perversi della macchina giudiziaria.
Noi avvocati abbiamo certamente molti torti e molte lacune ma, mi creda, Dott. Tinti, non c'è categoria in questo momento che possa darci lezioni collettive di questo genere, senza neanche un accenno al fatto che, pure in questa fase di profonda crisi economica abbiamo continuato ad assicurare la difesa (facendocene molto spesso e silenziosamente carico) a chi non poteva più permetterselo.
Men che meno fino a quando non decide di avventurarsi nell'impervio terreno dell'autocritica.
Magari rinunciando a qualche privilegio che oggi questo Stato non è più nelle condizioni di garantire e provando a spiegare alla gente comune perché dovrebbe rinunciare a ricorrere in Cassazione quando la stessa cassazione muta il suo orientamento ad ogni cambio di stagione.

Annamaria Introini

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