mercoledì, ottobre 10, 2012

Oua: contro il “filtro” proponiamo l’appello sprint.

Contro il “filtro” di ammissibilità in appello, introdotto dal Governo col Dl “Crescitalia”, arriva la controproposta dell’Oua: anticipare alla “prima ed unica udienza di trattazione” la vera e propria decisione nel merito. Insomma, giudicare direttamente sulla fondatezza del ricorso, e non fornire soltanto una valutazione sulla probabilità di accoglimento (che, del resto, altro non sarebbe se non “una manifesta infondatezza”).
Per il presidente de Tilla è questa l’unica strada “per contribuire a rendere più efficiente la nostra macchina giudiziaria, senza però attaccare i diritti dei cittadini e l’accesso alla giustizia”. “Come Oua - spiega il presidente de Tilla - sottoporremo al Ministro della Giustizia una proposta contro il filtro in appello perché è una norma autoritaria e inutile per i fini che vuole raggiungere, cioè la riduzione dei tempi del contenzioso”.
“È indubitabile - prosegue de Tilla - che un intervento sul processo di appello fosse necessario ed ineludibile, tenuto conto che la durata media (7-8 anni) del gravame si sta rivelando negli ultimi anni il principale collo di bottiglia che ritarda la definizione dei giudizi civili”. Del resto con questi tempi il Paese si espone sempre di più alle condanne per violazione della Legge Pinto. A questo proposito de Tilla ricorda che “nell’ultimo rimaneggiamento si è codificata in due anni la durata massima del secondo grado di giudizio”. Dunque, bisogna trovare per forza delle soluzioni. Tuttavia, la strada tracciata non convince l’Avvocatura secondo cui “entrambe le disposizioni modificate dal Legislatore comportano gravi difficoltà interpretative e applicative”, oltre ad incontrare “un dissenso generalizzato, non soltanto da parte del ceto forense, ma anche dalla massima parte dei processualisti italiani”.
“La più agevole soluzione – prosegue de Tilla – è quella di anticipare alla prima ed unica udienza di trattazione non tanto l’esame di ammissibilità dell’appello sotto il profilo della sua probabilità di accoglimento, quanto la decisione nel merito sotto il profilo della fondatezza o meno dell’appello”.
Ciò permetterebbe di non “alterare gli equilibri processuali e le garanzie dei cittadini. E si potrebbero “seriamente ridurre i tempi di svolgimento del giudizio di appello, soprattutto se la riforma fosse accompagnata da un serio (e adeguatamente sostenuto sul piano finanziario) programma di smaltimento dell’arretrato”. In definitiva, secondo l’Oua, se l’attuale riforma sul filtro va presa sul serio, un giudizio nel merito non comporterebbe poi un impegno molto più gravoso per il giudice. Infatti, il legislatore ha già chiesto al giudice di appello il “sacrificio” di esaminare “approfonditamente il gravame”, al fine di delibarne l’ammissibilità ex articolo 348 bis del Cpc.
Un esame “sostanzialmente di merito”, osserva l’Oua, per cui “non si vede la ragione” per non arrivare alla “definitiva decisione della sentenza con l’emanazione di una sentenza di merito”. Si potrebbe farlo, per esempio, prevedendo che “prima della decisione, il giudice assegni alle parti costituite un termine di trenta giorni per il deposito di memorie e ulteriori venti giorni per eventuali repliche”.
Del resto, conclude de Tilla “fin dalla costituzione delle parti in giudizio il thema decidendum è definitivamente delineato” e, dunque, fatte salve “rare e residuali ipotesi di svolgimento di attività istruttorie” in secondo grado, non è richiesta nessuna ulteriore attività difensiva, “salve quello che possano derivare dall’eventuale proposizione di impugnazioni incidentali”. In definitiva, “l’unica differenza fra i due tipi di decisione, riguarderebbe la motivazione che, soltanto per l’ordinanza potrà essere succinta, mentre la sentenza dovrà rispettare i canoni generali di cui all’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c.”.
A quel punto, la sentenza sarebbe soggetta al normale rimedio del ricorso per cassazione. L’articolo 350 c.p.c. dovrebbe essere riformato, prevedendosi che il giudice di appello inviti le parti a precisare le conclusioni al termine della prima udienza di trattazione, senza ulteriori inutili differimenti, con la concessione di termini per il deposito di memorie e repliche. Salva sempre l’ipotesi, del tutto residuale, di richiesta di una delle parti di discutere oralmente la causa (art. 352 comma secondo c.p.c.). Tale modifica renderebbe del tutto inutili le novelle introdotte con il decreto Crescitalia (art. 342 e art. 348 bis) che dovrebbero essere conseguentemente abrogate».

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