lunedì, aprile 09, 2018

L’atto d’appello civile non deve essere (ex art. 342 cpc) una “proposta di sentenza”.

Cass. Civ. Sez. I Ord. num. 8571/2018 - Presidente: TIRELLI Relatore: MARULLI - Data pubblicazione: 06/04/2018 - Roma Capitale c/ Società' Casa di Dante. 

 “(….) La tesi ricorrente secondo cui «l'atto di appello, ai sensi dell'art. 342 cpc, deve essere costruito come una proposta di sentenza» non incontra il favore di questa Corte. Come, infatti, si era già divisato a sezioni semplici, sconfessandosi a più riprese, sul filo dell'opinione che la novella non avesse mutato la natura del giudizio d'appello e si ponesse perciò in linea di continuità con la pregressa giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. Ili, 16/05/2017, n. 11999), l'idea che l'individuazione di «un percorso logico alternativo a quello del primo giudice» (Cass., Sez. IV, 5/02/2015, n. 2143), cui deve tendere l'atto di gravame secondo la nuova formulazione dell'art. 342 cod. proc. civ. non deve necessariamente tradursi in un «progetto alternativo di sentenza» (Cass., Sez. VI-III, 12/9/2017, n. 21134) e diffidandosi segnatamente, in questa chiave, dall'accedere a linee di lettura che ostino alla piena espansione sul piano interno del principio di effettività della tutela giuridizionale (Cass., Sez. III, 5/05/2017, n. 10916), è ora convinzione che si vale del superiore conforto delle SS.UU. (Cass., Sez. U, 16/11/2017, n. 27199) che le modifiche introdotte dalla novella del 2012, lungi dallo sconvolgere i tradizionali connotati del giudizio d'appello, abbiano in effetti «recepito e tradotto in legge» i consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia, ribadendo in particolare l'esigenza che l'atto introduttivo di esso contenga «una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice». Ciò però esclude che l'individuazione di un «percorso logico alternativo a quello del primo giudice», debba necessariamente tradursi in un «progetto alternativo di sentenza». Invero «il richiamo, contenuto nei citati artt. 342 e 434, alla motivazione dell'atto di appello non implica che il legislatore abbia inteso porre a carico delle parti un onere paragonabile a quello del giudice nella stesura della motivazione di un provvedimento decisorio. Quello che viene richiesto - in nome del criterio della razionalizzazione del processo civile, che è in funzione del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata - è che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili. Tutto ciò, inoltre, senza che all'appellante sia richiesto il rispetto di particolari forme sacramentali o comunque vincolate». Dunque, come già in passato, il nuovo dettato dell'art. 342 cod. proc. civ., impone all'appellante d’individuare con la dovuta chiarezza, per mezzo dell'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare, i temi decisionali da sottoporsi al vaglio del decidente d'appello, in modo tale da delimitare l'area del giudizio di impugnazione in ossequio al principio tantum devolutum quantum appellatum, da ciò segue che anche alla luce del testo novellato la postulazione appellante dovrà procedere ad una propria rivisitazione del materiale istruttorio, ove la contestazione abbia ad oggetto la ricostruzione dei profili fattuali della vicenda, mentre dovrà curarsi di indicare le circostanze di fatto che rendono possibile una diversa soluzione giuridica di essa nel caso in cui oggetto di critica siano i profili in diritto della decisione”.

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