venerdì, aprile 14, 2017

Esame abilitazione forense: regole da riscrivere.

Il costante tramonto del sistema formativo universitario, che invero trova origini lontane sin dalle prime esperienze educative e scolastiche, e la scomparsa della “bottega” professionale come luogo in cui potevano formarsi i giovani avvocati, restano due facce della stessa medaglia, manifestazione sintomatica della crisi di un Paese, che si presenta come crisi culturale.
L’iscrizione alle Facoltà Giuridiche rappresentava non solo una scelta imputabile alle molteplici possibilità dj accesso alle carriere amministrative e giudiziarie, ma per molti restava una opzione per l’esercizio della professione nel notariato e nell’avvocatura.
A volte, per quelli della mia generazione, era una scelta di entusiasmo, il completamento di una cultura, prevalentemente anche se non esclusivamente classica, in cui si iscriveva il “mondo delle regole“ e del "diritto".
L'emozione di leggere le prime pagine dei manuali di istituzioni di diritto privato (Trabucchi, Torrente e le prime edizioni del Rescigno), si accompagnava all'entusiasmo della “scoperta" della logica e della storicità intrinseca alle norme giuridiche: nulla di comparabile alla manualistica più recente. L'università e la professione non sono più palestre dello spirito, l'una e l'altra restano strumenti, a volte, per impegnare il tempo necessario per una qualsiasi occupazione, in un contesto economico in cui non vi sono più concorsi nella pubblica amministrazione e in cui gli stessi concorsi notarili e in magistratura appaiono caratterizzati da una formazione acquisita nelle cosiddette “scuole" (di solito affidate ad associazioni rette dalle regole del profitto puro), in cui si perde di vista il quadro sistematico per appuntare appuntare l'attenzione sull'ultima sentenza di Cassazione, ben presto smentita da un’ altra successiva.
Non esiste, cioè, l'impostazione di una preparazione sistematica che fondi sulla logica e sull’interpretazione della norma (spesso oscura e frutto di un legislatore negligente e disattento), tutto scolorendosi in un vacuo “nozionismo".
Non si sottrae a questa vera e propria regressione antropologica e culturale, la preparazione e l'accesso all’avvocatura, a fronte di una evidente abrasione della missione storica che la stessa ha avuto nel passato, spesso frutto di una sottovalutazione del ruolo dell’avvocato nelle aule di giustizia. Il vero vulnus alla storia italiana dell’avvocatura si manifesta in tutta la sua evidenza nell'esame di abilitazione alla professione forense, retto sempre dal caso, dalla ambiguità e dalle incertezze nelle correzioni, dall’insufficienza - a volte evidente - delle commissioni, dalla levantina esigenza di dare risposta a temi complicatissimi con gli espedienti più tecnologici e più imprevedibili.
E’ evidente che la colpa non può riversarsi solo sulla disperazione dei candidati, sulla corsa a superare gli ostacoli imprevedibili dell’esame, ma va ascritta alla mancanza di qualsiasi intervento normativo che riscriva le regole di formazione e di accesso alla libera professione di avvocato, spesso frutto di una evidente insufficienza culturale dell'avvocatura che, a fronte dell’incombente tragedia che prelude alla scomparsa culturale della stessa, riesce ad opporre esigenze a volte corporative.

AVV. PROF. GIUSEPPE FAUCEGLIA

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