lunedì, febbraio 20, 2017

Deontologia forense: sospensione del procedimento disciplinare per pregiudizialità penale.

“La sospensione del procedimento disciplinare per pregiudizialità penale può essere disposta, ex art. 295 c.p.c, in caso di identità dei fatti, nella sola ipotesi in cui sia stata esercitata dal P.M. l’azione penale nei modi di cui all’art. 405 c.p.p. con la formulazione dell’imputazione e la richiesta di rinvio a giudizio. Conseguentemente, non sussiste alcun obbligo di far luogo alla sospensione del disciplinare nel caso in cui il procedimento penale sia ancora nella fase delle indagini preliminari.” 

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Orlando), sentenza del 14 aprile 2016, n. 70 Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Savi), sentenza del 14 aprile 2016, n. 77.

NOTA: V. ora l’art. 54 L. n. 247/2012. In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Ferina), sentenza del 24 settembre 2015, n. 143, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Mariani Marini), sentenza del 16 luglio 2015, n. 96, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Neri), sentenza del 16 luglio 2015, n. 98, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Picchioni), sentenza del 28 aprile 2015, n. 67, nonché Cass. Civ. 10974/2012.

sabato, febbraio 18, 2017

Deontologia forense: radiazione dall’albo a seguito di condanna penale.

L’avvocato condannato ad anni di reclusione compromette gravemente l’immagine che la classe forense deve mantenere al fine di assicurare la sua funzione sociale con responsabilità nei confronti dei cittadini, sì da meritare la massima sanzione disciplinare (Nella specie, il professionista veniva condannato per riciclaggio, appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione della radiazione)”.


Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Sica), sentenza del 8 aprile 2016, n. 66

mercoledì, febbraio 15, 2017

L’avvocatura dei Presidenti e dei Consiglieri.

C'era una volta l'avvocatura, fatta di personcine brave e preparate. Poche, rispetto alla popolazione, e per questo si trattava di una categoria facoltosa.
Ma il potere solleticava molte persone: gli avvocati, infatti, erano organizzati in consigli, e come si sa chi fa parte di un consiglio deve essere chiamato consigliere.
Per non parlare poi di chi doveva presiedere il consiglio, che per forza di cose doveva essere chiamato presidente.
Per poter chiamare un po' tutti consiglieri e presidenti, furono create commissioni, sicchè crebbero i presidenti (di commissione) e comparirono i componenti della commissione per lo studio del diritto comparato dello stato di Quark.
La corsa alle nomine era ormai inarrestabile: e nelle aule di udienza, era tutto un sussieguoso dispiegamento di presidenti e consiglieri, che si ossequiavano gli uni con gli altri. Ma non bastava.
Occorreva la plebe festante: e così il numero degli avvocati fu aumentato a dismisura, e furono ammessi tra i corridoi dei tribunali persone che mai e poi mai sarebbero diventati presidenti o consiglieri.
Raggiunto lo straordinario numero di 250.000 avvocati, i consessi presidenziali e consiliari appoggiarono, esternamente, la voce che si, forse 250.000 erano troppi.
Nacque una bella polemica: erano i controllori che dovevano controllare, o i controllati che non dovevano approfittare della distrazione dei controllori?
Gli abbiamo dato un dito, si prendono tutto il braccio, poffarbacco... Come sta finendo lo vedete tutti quanti.
Semplicemente non si capisce più niente. Clienti che ci odiano, commissioni disciplinari stracariche di arretrato, consigli che non vengono rinnovati, regolamenti elettorali al vaglio della magistratura amministrativa.
E' stato bello. Lo sarà ancora, anche se qualcuno si accanisce a fare cose che io, personalmente, non capisco: vogliono giocare a chiamarsi presidenti tra di loro.
Facciano. A me basta che continuino a chiamarmi Avvocato, perchè quello sono e quello so fare.
Rispettosamente Vostro.
Avvvocato Giuseppe Caravita di Toritto 
Uno di duecentocinquantamila

mercoledì, febbraio 01, 2017

Deontologia forense: il procedimento disciplinare può essere innescato anche da uno scritto apocrifo.

“E' pacifico che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati abbia il potere-dovere di promuovere d’ufficio l'azione disciplinare allorquando venga a conoscenza di fatti lesivi dell'onore dei professionisti iscritti e del decoro della classe forense.
L'esercizio di tale potere non è condizionato dalla tipologia della fonte della notizia dell'illecito disciplinarmente rilevante (conf. ex plurimis Sez. Unite sent. n. 406 del 1999). Ne deriva, quindi, l’irrilevanza della apocrificità o meno dell’esposto attribuito alla xxx.
Esso, infatti, ha costituito l’innesco occasionale per accertamenti officiosi, dai quali è scaturito l'esercizio dell'azione disciplinare, giammai una fonte di prova. Del resto, persino in sede penale gli elementi contenuti in denunce - addirittura anonime - possono stimolare l'attività d’iniziativa del P.M. e della P.G. al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dallo scritto possano ricavarsi estremi utili per l'individuazione d’ una notizia criminis (Cass. pen., sez. VI. Sent. n. 34450 del 2016. Morfeo)”.
Corte Cassazione – Sez. Unite Civili sent- n. 25633 del 14.12.2016.