Cass. Civile Sez. 2 - Ord. Num. 9382/2020
- Presidente: MANNA -Relatore: GRASSO - Data pubblicazione: 21/05/2020.
“Questa Corte (Sez. 5, n. 8245,
04/04/2018), consolidando principio già numerose volte ribadito (cfr., ex
multis, Cass. n. 3385/016, 22185/015, 18363/015) ha precisato che la tecnica di
redazione dei cosiddetti ricorsi assemblati o farciti o sandwich implica una
pluralità di documenti integralmente riprodotti all'interno del ricorso, senza
alcuno sforzo di selezione o rielaborazione sintetica dei loro contenuti.
Tale eccesso di documentazione
integrata nel ricorso non soddisfa la richiesta alle parti di una concisa
rielaborazione delle vicende processuali contenuta nel codice di rito per il
giudizio di cassazione, viola il principio di sinteticità che deve informare
l'intero processo (anche in ragione del principio costituzionale della
ragionevole durata di questo), impedisce di cogliere le problematiche della
vicenda e comporta non già la completezza dell'informazione, ma il sostanziale
«mascheramento» dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte,
tanto da risolversi, paradossalmente, in un difetto di autosufficienza del
ricorso stesso. La Corte di cassazione, infatti, non ha l'onere di provvedere
all'indagine ed alla selezione di quanto è necessario per la discussione del
ricorso.
Le Sezioni Unite di questa Corte
hanno osservato che il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti di causa,
previsto dall'art. 366 n. 3 cod. proc. civ., è preordinato allo scopo di
agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa, l’esito dei gradi
precedenti con eliminazione delle questioni non più controverse ed il tenore
della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura
(sent. n. 16628 del 2009). Si è inoltre rilevato (ord. n. 19255 del 2010) che
l'assolvimento del requisito in questione è considerato dal legislatore come
un'attività di narrazione del difensore che, in ragione dell'espressa
qualificazione della sua modalità espositiva come sommaria, postula
un'esposizione finalizzata a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in
giudizio che lo svolgimento del processo.
E' stato, altresì, precisato
(Cass. n. 10244 de! 2013) che la pedissequa riproduzione di atti processuali e
documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o
li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all'art. 366 n. 3
cod. proc, civ., in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi
del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e
valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte
un'attività, consistente nella lettura integrale di atti e documenti assemblati
finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione,
che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente
e, quindi, del suo difensore.
Alla luce dei richiamati principi
giurisprudenziali, la tecnica espositiva adottata nel ricorso in esame appare
inidonea ad integrare il requisito dell'art. 366 n. 3 cod. proc. civ. poiché
onera la Corte, per percepire il fatto sostanziale e lo svolgimento del fatto
processuale, di procedere alla lettura degli atti e documenti riprodotti,
similmente a quanto avviene in ipotesi di mero rinvio ad essi, difettando
quella sintesi funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure
mosse alla sentenza impugnata in cui si sostanzia il principio di
autosufficienza del ricorso. Nella specie, non può peraltro trovare applicazione
il principio espresso da questa Corte, in base al quale la tecnica di redazione
mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in
un'esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 n. 3 cod.
proc. civ., e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti,
tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza, sicché è sanzionabile con
l’inammissibilità”.
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