Andrea Mascherin è stato eletto da pochi giorni alla guida del Consiglio nazionale forense; succede a Guido Alpa e guiderà il Cnf per i prossimi 4 anni.
Presidente Mascherin, gli avvocati italiani, i più numerosi in Europa, vivono anch'essi un momento di grande difficoltà per effetto di una crisi economica che non risparmia le professioni. Tuttavia almeno con questo Governo hanno ricevuto un riconoscimento importante come interlocutori importanti nei processi di riforma.
"Credo si tratti del giusto riconoscimento dell'avvocatura come architrave del sistema ordinistico, ponte indispensabile tra i cittadini e il sistema giustizia. Per il resto le priorità, anche nel confronto con il Governo, non possono che essere il rafforzamento dell'avvocatura come soggetto attivo della giurisdizione, come elemento di garanzia dei più deboli, come promotrice di interventi che non devono mai suonare come autoreferenziali, ma a tutela della collettività. Altrimenti a perdere di credibilità siamo tutti noi".
Negli ultimi tempi, nelle politiche della giustizia, sia sul versante civile sia su quello penale, il filo conduttore è parso quello del processo come "risorsa scarsa", da riservare ai casi veramente meritevoli di tutela. Professione di realismo condivisibile?
"Non proprio. Il processo non può essere considerato solo in termini di efficienza: al debole deve essere sempre garantita la possibilità di agire contro il forte. Il rischio, in caso contrario, è che a restare del tutto privi di tutela siano diritti diffusi come quello alla salute, all'istruzione, che pure hanno pieno riconoscimento nella Costituzione. Il processo sta invece diventando sempre più costoso, senza neppure avere certezza che i maggiori incassi derivanti dagli aumenti costanti del contributo unificato vengano destinati a investimenti per migliorare l'amministrazione della giustizia".
Troppo spesso l'avvocatura si espone ad accuse di conservatorismo. È il caso delle forme di esercizio della professione...
"Il Consiglio nazionale forense non ha pregiudizi sull'applicazione di forme imprenditoriali. Soprattutto se si tratta di meccanismi che favoriscono l'ingresso dei giovani nella professione. Certo, se il riferimento è alle società con presenza del socio di capitale, allora l'attenzione deve essere massima. Sotto più punti di vista: dalla tutela del segreto professionale, i fascicoli non possono essere a disposizione di chi non è avvocato, al rischio di infiltrazione di capitali opachi. Il rapporto fiduciario legale-cliente non deve essere compromesso. In più, non è che le dimensioni siano sempre garanzia di qualità: i piccoli studi legali, soprattutto in alcune realtà del Paese, anche alla luce della nuova geografia giudiziaria, sono una risorsa che non deve essere mortificata, semmai incentivata".
In materia di accesso alla professione è favorevole al numero chiuso a Giurisprudenza?
"Non siamo contrari all'introduzione di un numero programmato che però assicuri ai meritevoli di potere procedere nello studio".
Il nuovo ordinamento forense ha già bisogno di un tagliando?
"Adesso è presto. Credo bisognerà aspettare un paio d'anni ancora. In ogni caso, il tema dell'accesso andrà sicuramente valutato, come pure i risultati della parziale esternalizzazione del procedimento disciplinare. Altri due punti da considerare: l'esercizio del controllo sull'esercizio continuato della professione e la riserva sulla consulenza stragiudiziale".
Si profila l'ennesimo intervento sul Codice di procedura civile. Servirà?
"Devo esprimere un certo scetticismo, anche se si profila una riforma complessiva, che è certo cosa diversa dall'alluvione di modifiche frammentarie cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Alla giustizia servirebbero invece risorse aggiuntive sia di personale, togato e no, sia economiche. In caso contrario anche iniziative che stanno mostrando esiti interessanti, come il processo telematico, corrono il pericolo di segnare il passo".
di Giovanni Negri
Il Sole 24 Ore, 4 aprile 2015
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