L'eccessiva durata dei processi "è ingiustificabile" e "non più tollerabile". Lo denuncia ancora una volta Giorgio Santacroce, primo presidente della Cassazione, nella relazione con cui apre l'Anno giudiziario presso piazza Cavour. Santacroce fotografa un pianeta giustizia fatto di "luci" e "ombre" e ricorda che per migliorare le cose "non sono sufficienti riforme a costo zero, essendo invece necessari investimenti in risorse umane e strumentali".
Dice Santacroce che "non si possono ottenere risultati migliori senza investimenti". Solo "a titolo di esempio" il primo presidente di piazza Cavour ricorda che "la scopertura dei magistrati di Cassazione è di quasi il 22% ed è del 25% quella del personale amministrativo".
Sono "quattro milioni i processi definiti in un anno e il numero è tendenzialmente superiore alle sopravvenienze".
Una giustizia 'lumaca', dunque. Santacroce, nella relazione, ricorda che "non si tratta di garantire la ragionevole durata dei processi tagliando sul terreno delle impugnazioni. L'appello è un istituto che risponde a una esigenza imprescindibile, che è quella di correggere, ove necessario, l'errore del primo giudice. Eliminare l'appello vorrebbe dire perdere una fetta importante di garanzia. Ciò non toglie che il giudizio si appello di possa strutturare in modo diverso, superando la mera interpolazione della legislazione vigente".
Santacroce dice poi che per quel che riguarda la Cassazione, "l'aspirazione resta quella di assicurare l'uniformità della giurisprudenza, e con essa la certezza del diritto e la prevedibilità delle decisioni future. E' necessaria un'energica cura dimagrante".
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