I N T E R R O G A Z I O N E A R I S P O S T A S C R I T T A
A T T O C A M E R A
Presentato il 13 maggio 2015 dall’On. Michela Rostan
Al Ministro della Giustizia, On. Andrea Orlando, per sapere,
premesso che:
– a far data dal 30/6/2014, a norma del D.L. n. 179/2012, art. 16 bis, convertito in Legge n. 221/2012 e successivamente modificato dal D.L. n. 90/2014, art. 44, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite e degli altri soggetti esterni, nei giudizi di competenza del tribunale, ha luogo in formato telematico con modalità informatiche (tanto è applicabile anche al deposito dei ricorsi per decreto ingiuntivo);
– tali norme, dopo alcuni mesi di sperimentazione, hanno dimostrato di incidere profondamente e negativamente sul piano organizzativo nelle attività dei cancellieri, avvocati, magistrati nonché ausiliari esterni;
– inizia ad instradarsi la convinzione che il PCT rallenti smodatamente i tempi della giustizia in quanto rende più laborioso il lavoro del magistrato che, considerate le modestissime e scarne dotazioni informatiche, è obbligato ad una estenuante ricerca degli atti processuali e ad una faticosa lettura degli stessi;
– i magistrati hanno reiteratamente palesato difficoltà e perplessità riguardo alla consultazione e analisi degli atti endoprocessuali e relativi allegati depositati in formato telematico;
– tali difficoltà, giova ribadirlo, scaturiscono dalla necessità di visionare la documentazione esclusivamente tramite monitor e senza l’indispensabile e insostituibile supporto cartaceo;
– per far fronte a tali criticità, in gran parte dei tribunali si è andata diffondendo la prassi, peraltro fortemente voluta e caldeggiata dai magistrati, di invitare gli avvocati a depositare sistematicamente le cosiddette «copie di cortesia» degli atti endoprocessuali e relativi allegati trasmessi telematicamente;
– perciò, nonostante l’introduzione del PCT, i magistrati continuano ad evitare di visionare gli atti processuali inviati telematicamente preferendo studiare le cause sulle anzidette «copie di cortesia»; diversamente, si troverebbero a stampare migliaia di atti e allegati, operazioni che, tra l’altro, le cancellerie non sarebbero in grado di fronteggiare;
– l’invalsa e inusitata prassi, se indubbiamente da un canto agevola il lavoro delle cancellerie e dei magistrati, dall’altro costituisce senz’altro motivo di ulteriore aggravamento dell’attività dell’avvocato costretto, in buona sostanza, a sostituirsi al cancelliere e, soprattutto, a raddoppiare i depositi (prima telematico, poi cartaceo);
– autorevoli esponenti informatici hanno osservato come le infrastrutture siano obsolete e le procedure eccessivamente complesse e non allineate con la normativa in materia di digitalizzazione; chi ha elaborato il PCT ha tenuto conto esclusivamente degli interessi del ministero e degli uffici giudiziari senza preoccuparsi degli utenti; 1) è assente una linea unica ed univoca nei vari uffici giudiziari per la formazione e la trasmissione degli atti; 2) gli operatori non sono stati adeguatamente preparati; 3) gli avvocati si sono dovuti sobbarcare gli oneri economici dell’innovazione; 4) allo stato non esistono infrastrutture adeguate; 5) quotidianamente si verificano disservizi ed disguidi tecnici che rallentano considerevolmente l’attività giudiziaria e vanificano il diritto di poter inviare l’atto processuale nell’ultimo giorno utile;
– nel corso di questi primi mesi di applicazione del PCT sono emerse ulteriori criticità legate ad una non chiara ed univoca disciplina delle cosiddette anomalie di deposito che espongono gli avvocati e, conseguentemente, i cittadini (utenti finali del servizio giustizia) alla rischiosa possibilità di incappare nelle dannose conseguenze della decadenza dei termini di deposito in ipotesi di malfunzionamento del sistema o comunque di guasti e blocchi informatici non imputabili ai professionisti legali;
– preoccupa oltremodo la nascente diffusione dei filoni giurisprudenziali relativi alle improcedibilità e inammissibilità delle domande causate dall’utilizzo irregolare ed improprio del PCT (frequentemente dovuto alla complessità e astrusità dei programmi) con conseguente e inevitabile accollo di pesanti responsabilità professionali per gli avvocati;
– non ultimo, tantissimi processi rischiano di essere definiti sulla base di allegati artatamente manipolati (da avvocati e parti scorrette) le cui falsità non potranno essere mai riscontrabili nei monitor; tra l’altro, il magistrato potrebbe rifiutarsi di ordinare l’esibizione degli originali quando il difensore richiedente sia oggettivamente impossibilitato ad argomentare il minimo sospetto; le decisioni fondate su realtà documentali inesistenti e artefatte trascinerebbero la Giustizia in un vorticoso e inesorabile declino;
– l’introduzione del doppio binario (cartaceo e telematico) restituirebbe agli avvocati la libertà di scegliere tra i due sistemi senza costringerli a subire le molteplici criticità che il PCT presenta e, soprattutto, eviterebbe di esporli al rischio di nuove irregolarità, decadenze, inammissibilità e improcedibilità che già cominciano ad essere elaborate dai primi indirizzi giurisprudenziali;
– se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravose problematiche dianzi rassegnate e se stia valutando l’ipotesi di reintrodurre, per un ulteriore e congruo lasso temporale predeterminato, la possibilità, per gli avvocati, di depositare gli atti facoltativamente in formato cartaceo o telematico quantomeno fino a quando il sistema non verrà uniformato, semplificato e reso maggiormente fruibile e funzionale.
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