(Roma, 27 giugno 2014) «L'entrata in vigore del Processo Civile Telematico il prossimo 30 giugno, data nota ormai da un paio d'anni, ha tuttavia reso necessario l'utilizzo della decretazione di urgenza. Perché questo purtroppo è lo stato del nostro Paese: urgenza di analisi serie e ponderate che tengano conto delle conseguenze di determinate scelte. È tempo che lo sguardo sia rivolto veramente al futuro e abbandoni la miopia che è ha caratterizzato interventi spot, senza alcun progetto complessivo sulla giustizia».
È netta la posizione di Nicoletta Giorgi, presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati, a pochi giorni dall’attesa entrata in vigore del PCT. Una data tanto attesa dai giovani avvocati, una vera riforma epocale degli ultimi tempi, «risultato di un confronto intellettualmente onesto - AIGA ha denunciato i veri numeri di attuazione del processo telematico - ma allo stesso tempo determinato a non abbandonare il percorso intrapreso e sul quale crediamo fermamente», spiega l’avvocato Giorgi.
Il paradosso del PCT: lo Stato risparmia, ma aumenta il contributo unificato
L'introduzione del PCT non si è però sottratto ad una apparente illogicità di fondo: «Telematizzare – spiega la presidente dei giovani avvocati - significa far risparmiare lo Stato, e questo a detta del ministro che a dicembre ha reso noto le cifre a sei zeri, tuttavia ha comportato l'aumento (l'ennesimo) del contributo unificato. Il PCT oltre a portare le novità evidenti a tutti ha confermato una volta di più un sospetto che circolava da tempo: il contenzioso giudiziario costituisce una voce delle entrate statali in costante crescita e senza che ciò comporti scioperi da parte dei sindacati. Si perché lo sciopero dell'avvocatura, in qualsiasi forma venga svolto, abbiamo visto che purtroppo non incide sulle scelte economiche del Paese. Ubi maior...».
Dove sono finiti i milioni di euro raccolti dal sistema Giustizia nel corso degli anni?
Nel caso di aumento in questione la cosa però è un po' diversa rispetto al solito: dando agli avvocati il potere di autenticare gli atti formatisi all'interno del processo telematico (togliendo così i costi dei diritti di autentica) si tolgono allo Stato 15 milioni di euro per il 2014 e 42,5 milioni di euro per il 2015. «Dove sono finiti – chiede l’avvocato Giorgi – tutti questi soldi pagati negli scorsi anni? Perché oggi il ministero della Giustizia stanzia 8 milioni per il PCT passando il provvedimento come una grande concessione dettata dalla situazione da noi denunciata?»
Se la giustizia, ossia la richiesta di tutele del cittadino, di rispetto di quelle regole che giustificano la creazione della società civile, è un sostentamento economico per il Paese, allora è giusto che, il cittadino che chiede giustizia abbia di più.
«Se è pur vero che nei procedimenti monitori fino a 52.000 euro di valore, l'aumento del contributo unificato è compensato dalla eliminazione dei diritti di autentica, le cause ordinarie non godranno in automatico di tale operazione, ma anzi saranno solo più costose. Perché non intervenire in modo mirato solo sui procedimenti monitori a condizioni immutate? Perché non utilizzare per la giustizia gli importi pagati per il suo accesso da parte dei cittadini? Perché lo Stato ha bisogno di denaro e le uscite in alcuni settori sono emorragiche. È tempo però che si giochi a carte scoperte», invita la presidente dei giovani avvocati italiani.
Lunedì la presentazione del pacchetto giustizia: «Orlando dimostri di passare dalle parole ai fatti»
Lunedì il ministro Orlando presenterà il pacchetto giustizia: un’occasione per mostrare che i propositi saranno trasformati in provvedimenti concreti. «Il ministro – conclude Nicoletta Giorgi – dovrà dimostrare che il cittadino avrà finalmente un sistema giustizia efficiente, che esiste un progetto complessivo e realistico alla cui realizzazione non si dovranno inserire ostacoli economici, perché si distribuiscono in altre aree il denaro proveniente dal settore giustizia, ostacoli legati ad un sistema organizzativo ingessato, interessi di lobby (quelle vere) a non cambiare lo stato delle cose».
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