Cass. Civile Sez. Unite - Sent. Num. 5200/2019 - Presidente:
SCHIRO' - Relatore: GIUSTI - Data pubblicazione: 21/02/2019.
“Ai sensi dell'art. 51 del regio decreto-legge n. 1578 del
1933, l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine
di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito,
ovvero, se questo consista in una condotta protratta, definibile in termini
penalistici permanente o continuata, dalla data di cessazione della condotta
stessa (Cass., Sez. U., 1° ottobre 2003, n. 14620; Cass., Sez. U., 26 novembre
2008, n. 28159; Cass., Sez. U., 2 febbraio 2015, n. 1822).
Contrariamente all'assunto del ricorrente, la norma
deontologica contestata all'incolpato non può essere interpretata nel senso
della irrilevanza del successivo indebito trattenimento del denaro incassato. La condotta del professionista, nel caso in esame, presenta i connotati tipici
della continuità della violazione deontologica, per tale sua natura destinata a
protrarsi fino alla restituzione delle somme che il medesimo avrebbe dovuto
mettere a disposizione del cliente (cfr. Cass., Sez. U., 30 giugno 2016, n.
13379).
Invero, la condotta appropriativa posta in essere
dall'avvocato non si è esaurita nell'incasso dell'assegno destinato al proprio
cliente, ma si è accompagnata ad una mancata messa a disposizione delle somme
riscosse, realizzata attraverso l'omessa informazione circa la definizione del
processo civile in esito del quale l'assegno era stato emesso dalla controparte
soccombente in quel giudizio.
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha escluso il
carattere istantaneo della condotta addebitata al professionista e rigettato
l'eccezione di prescrizione.
Infatti, l'avvocato il quale s’appropri dell'importo
dell'assegno emesso a favore del proprio assistito dalla controparte
soccombente in un giudizio civile, omettendo di informare il cliente dell'esito
del processo che lo aveva visto vittorioso e di restituirgli le somme di sua
pertinenza, pone in essere una condotta connotata dalla continuità della
violazione deontologica, destinata a protrarsi fino alla messa a disposizione
del cliente delle somme di sua spettanza, sicché, ove tale comportamento
persista fino alla decisione del Consiglio dell'ordine, non decorre la
prescrizione di cui all'art. 51 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933”.
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