- COMUNICATO STAMPA -
L’ Associazione Nazionale Giudici di Pace, la principale organizzazione dei Giudici di Pace, denuncia che la mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, prevista ai sensi del D.Lgs. 28/10 anche per le cause di competenza del Giudice di Pace, è inutile e dannosa per i cittadini.
La conciliazione è un non senso per le cause di competenza del Giudice di Pace. Il Giudice di Pace è il giudice della conciliazione previsto dal legislatore.
Il processo di conciliazione in sede non contenziosa è infatti disciplinato espressamente dall’art. 322 del codice di procedura civile, che prevede la facoltà per il cittadino con costi irrisori e con la possibilità di avvalersi dell’ausilio di un difensore, di adire il giudice di pace per tentare la conciliazione.
La mediazione di cui al D.Lgs. 28/10 costituisce pertanto un procedimento parallelo alla conciliazione codicistica, con notevoli problemi di coordinamento tra gli istituti.
L’Associazione Nazionale Giudici di Pace solleva altresì forti dubbi di costituzionalità per la violazione dell’art. 3 della Costituzione del D.Lgs. 28/10, in quanto istitutivo di un procedimento di conciliazione in contrasto con quello previsto dal codice di procedura civile, al di fuori del processo e senza la mediazione di un magistrato, impedendo così ai cittadini di avvalersi del rimedio codicistico di cui all’art. 322 c.p.c., caratterizzato da minori costi e maggiori garanzie di autonomia, indipendenza e terzietà.
Sotto il profilo degli effetti la mediazione di cui al D.Lgs. 28/10 si pone quale minus rispetto alla conciliazione celebrata innanzi al giudice di pace ai sensi dell’art. 322 c.p.c..
Invero, la mediazione di cui al D.Lgs. 28/10 lungi dal porre la parola fine ad una controversia introduce il paradosso di essere causa di nuovi processi e quindi di ulteriori costi in termini di efficienza e di spese per il cittadino, per poter eseguire l’accordo concluso.
Infatti, in caso di esito positivo del processo di conciliazione innanzi al magistrato di pace, viene redatto un verbale che vale quale titolo esecutivo per le materie di competenza del giudice di pace (5.000,00 in via ordinaria e 20.000,00 per i risarcimenti dei danni prodotti a seguito di sinistro stadale) e come scrittura privata riconosciuta in giudizio negli altri casi, mentre il procedimento di mediazione di cui al D.Lgs. 28/10, in caso di esito positivo, si conclude con un “verbale di accordo” che non ha la stessa valenza giuridica in quanto deve essere successivamente omologato dal Presidente del Tribunale su istanza di parte (art. 12).
Una vera contraddizione in termini, una inutile, costosa e inefficiente superfetazione.
Inutili tempi e costi andranno a gravare sul cittadino, mentre, in tempi brevissimi ed a costi irrisori il Giudice di Pace risponde alla grande e sempre crescente domanda di giustizia.
Invero, un giudizio dinanzi al giudice di pace dura in media meno di un anno. Con la mediazione obbligatoria i tempi si allungherebbero ed i costi lieviterebbero, in un Paese in cui le lungaggini vengono troppo spesso usate per difendersi dal processo da chi sa di aver torto o ha interesse a rendere tortuoso il percorso volto all’accertamento della verità. La mediazione si presenta costosa ed inefficiente in quanto comporta la creazione e la conseguente gestione di organismi di conciliazione ulteriori rispetto agli uffici del Giudice di Pace già presente; inoltre gli uffici del giudice di pace garantiscono una presenza del magistrato capillare sul territorio, presenza che nessun organo di conciliazione potrebbe garantire.
In definitiva, l’Associazione Nazionale Giudici di Pace manifesta la propria contrarietà all’istituto della mediazione così come disciplinato dal D.lgs. 28/10 in quanto presenta forti dubbi di costituzionalità e costi non giustificati per il cittadino e lo Stato con gravi ricadute in termini di inefficienza del sistema giudiziario.
L’Associazione chiede al Governo di intervenire, proponendo una norma che escluda quantomeno la mediazione obbligatoria in relazione alle cause di competenza del Giudice di Pace, poiché in contraddizione con l’oralità, la concentrazione e l’immediatezza del giudizio che il rito di questo magistrato storicamente ha realizzato e per l’incostituzionalità della norma.
Il Giudice di Pace, quale magistrato appartenente all’ordine giudiziario, è in grado di garantire la necessaria autonomia, indipendenza e terzietà (e non solo le garanzie di “serietà ed efficienza” di cui all’art. 16), che sono requisiti necessari anche in una procedura di conciliazione, ed è all’interno di tale celerissimo processo che la stessa va realizzata, senza alcun aggravio di costi e tempi per i cittadini.
Roma, 24 giugno 2010.
Il Presidente
Vincenzo Crasto
Vincenzo Crasto
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