giovedì, giugno 28, 2012

ANF: Il filtro di ammissibilità per l’appello stravolge il processo civile.

"Dubitiamo fortemente che la crescita del Paese passi attraverso le norme draconiane sul processo civile previste dal recente Dl Sviluppo approntato dal Governo, approdato in Gazzetta”. “Prevedere l'introduzione in tutti i procedimenti d’appello, con la esclusione di pochi, isolati casi, di un filtro di ammissibilità, si traduce nell'assegnazione al giudice competente di un implacabile potere, che può essere esercitato con facoltà che non possono che essere definite in alcuni casi semplicemente divinatorie."
Lo dichiara il segretario generale dell'Anf Ester Perifano, che continua - "Il filtro di ammissibilità alla proposizione dell'appello e l'ulteriore restringimento della possibilità di fare ricorso alla Corte di cassazione, di fatto stravolge il nostro processo: la possibilità prevista del giudice di dichiarare inammissibile l'appello "con ordinanza succintamente motivata", ed eventualmente "mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa ed il riferimento a precedenti conformi", quando l'impugnazione non abbia "una ragionevole probabilità di essere accolta” è di tutta evidenza andare contro i diritti di cittadini e imprese, che è bene ricordarlo, attualmente vedono in appello riformate ben il 32% delle sentenze di primo grado."
"È indispensabile una forte mobilitazione per modificare questo aspetto del decreto, condotta non solo dall'Avvocatura, ma da tutti coloro, a partire dalla Magistratura e dal Parlamento, che ritengono che lo stato di diritto non si possa sacrificare per una indefinibile e aleatoria percentuale di Pil, o per portare uno scalpo a Bruxelles" - conclude Perifano.

DL SVILUPPO. AIGA: RISCHIO COMPRESSIONE DIRITTI COSTITUZIONALI CITTADINI,INTRODOTTI ALTRI FILTRI DI INAMMISSIBILITÁ IN APPELLO NEL PROCESSO CIVILE.

«Il testo del decreto sviluppo, pubblicato il 26 giugno in Gazzetta Ufficiale, costituisce l’ulteriore conferma dell’intento del Governo di voler procedere allo smantellamento del sistema Giustizia a danno dei cittadini, la cui tutela dei diritti viene continuamente compressa e compromessa».
A dichiararlo in una nota è Dario Greco, presidente dell’Aiga, l’Associazione italiana dei giovani avvocati, che critica «fortemente la novella normativa inserita nel testo, che va ad introdurre nel processo civile ulteriori filtri di ammissibilità in appello, di riduzione dei motivi del ricorso in Cassazione, oltre che le nuove e rigide modifiche della legge Pinto. Tali misure – aggiunge il leader dei legali under45 – costituiscono soltanto oneri e impedimenti posti a carico della collettività, in quanto limitano sia l’esercizio del diritto di difesa del cittadino che la stessa libertà di accesso alla Giustizia per la tutela dei diritti ed interessi legittimi».
L’Aiga denuncia anche «l’assoluta incostituzionalità dello strumento del decreto legge, privo dei requisiti di necessità ed urgenza, tenuto conto – chiude Greco – che le modifiche al codice di procedura civile entreranno in vigore successivamente alla legge di conversione del provvedimento stesso».

lunedì, giugno 25, 2012

Cassazione: va sospeso il procedimento disciplinare a carico dell'avvocato se pende procedimento penale.


Con sentenza n. 5991/2012, il massimo consesso di Piazza Cavour ha ricordato che deve essere sospeso il procedimento disciplinare a carico dell'avvocato, se pende per i medesimi fatti un procedimento penale. In particolare, gli Ermellini hanno sottolineato che in tema di procedimento disciplinare nei confronti di avvocati, per effetto della modifica dell'articolo 653 Cpp disposta dall'articolo 1 della legge 97/2001, qualora l'addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, s'impone la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza dei procedimento penale ai sensi dell'articolo 295 Cpc: ne consegue che il Consiglio nazionale forense deve procedere a una delibazione in ordine all'effettiva identità esistente tra le condotte contestate all'incolpato in sede penale e quelle per le quali egli è stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati, onde verificare la sussistenza dei presupposti per la sospensione necessaria del secondo.
Secondo la ricostruzione della vicenda, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Voghera notificava all'avvocato, un atto di citazione contenente l'indicazione di determinati addebiti contestati al professionista in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate ad un periodico con le quali imputava ad un altro Avvocato di aver chiesto in via monitoria nei confronti di un Comune un compenso della attività professionale svolta in favore della predetta Pubblica Amministrazione spropositato rispetto a quello asseverato dal COA di Voghera.
L'avvocato, sottoposto a procedimento disciplinare, proponeva ricorso per cassazione, deducendo violazione dell'art. 653 c.p.p., e art. 295 c.p.c. in quanto, la decisione impugnata del CNF interveniva quando era già pendente presso il Tribunale di Bergamo un procedimento penale per i medesimi fatti, nel quale l'esponente era imputato e l'altro Avvocato rivestiva la qualità di parte offesa.
Sosteneva dunque la necessità di sospendere il procedimento disciplinare. Ritenendo il motivo fondato, la Corte, ha quindi accolto il ricorso dell'avvocato imputato in un procedimento penale.

Evento formativo del 29 giugno 2012.

...UN UTILE RIPASSO DI ECONOMIA POLITICA.

venerdì, giugno 22, 2012

L'INSEGNAMENTO DI UN GRANDE AVVOCATO........

Nuova Tariffa giudiziale: prime indiscrezioni sul Regolamento predisposto dal Ministero.


Secondo la bozza di Regolamento stilata dagli uffici del Ministero, contenente le linee guida in materia di compensi giudiziali dei professionisti, per gli avvocati, la liquidazione avverrà per fasi, con un incentivo del 25% se il procedimento si conclude con la conciliazione.
Invece è prevista una decuratazione del 50% nei casi d’inammissibilità o di improcedibilità della domanda o, ancora, di dichiarazione di manifesta infondatezza nel merito.
I 42 articoli del Regolamento, redatto dal Ministero della Giustizia sulla liquidazione giudiziale delle prestazioni ai professionisti, prevedono una remunerazione, di regola, per cinque fasi nei giudizi civili, amministrativi e tributari: quella di studio della controversia, di introduzione del procedimento, la fase istruttoria, quella decisoria e quella esecutiva (alla quale devono essere assimilate le procedure concorsuali). Per le cause di lavoro, quando il valore non è superiore a mille euro il compenso è di regola ridotto sino alla metà; una decurtazione che può scattare anche nelle controversie da legge Pinto, per il risarcimento danni da eccessiva durata del processo.
Il compenso comprende, tra l'altro, le attività collegate a oneri amministrativi o fiscali e le sessioni con per rapporti con colleghi, consulenti o magistrati.
Nel penale, per l'assistenza a minori, possibile il taglio del 50% della parcella.

Avvocati: la PEC vale come “elezione di domicilio” (Sez. Unite Civili Cassazione del 20 giugno 2012).


L’obbligo di indicare negli atti di causa l’indirizzo di PEC comunicato all’Ordine evita all’avvocato, che non abbia eletto domicilio nel luogo in cui ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione ‐ Sezioni Unite Civili, con sentenza 20 giugno 2012, numero 10143. La questione sottoposta all’attenzione del Massimo Consesso ha riguardato l’interpretazione dell’art. 82 del Reggio decreto 22 gennaio 1934 n. 37, anche alla luce delle recenti modifiche apportate al codice di procedure civile dalla Legge di Stabilità (Legge 12 novembre 2011, n. 183).
La questione controversa è stata risolta dagli Ermellini, alla stregua del seguente principio di diritto:
 “L’art. 82, r.d. n. 37 del 1934 – che prevede che gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, e che in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori dalla circoscrizione cui l’avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale del circondario e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorché appartenente allo stesso distretto della medesima corte d’appello. Tuttavia, dopo l’entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c. (…), e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l’obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 (…) consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificato comunicato al proprio ordine”.

mercoledì, giugno 20, 2012

AIGA Salerno: Summer Party 2012.

L'AVVOCATURA SI OPPORRA' ALLA DISTRUZIONE DELLA GIUSTIZIA CIVILE.

Disinformati gli attacchi gratuiti all’Avvocatura (Alpa replica ad Ainis).

Mi ha fatto specie l’articolo sulla riforma della professione forense del professor Michele Ainis, pubblicato sul Corriere della Sera, per diverse ragioni. In primis, perché formulato con una rozza vis polemica che non si giustifica né per l’argomento trattato né per i complessi problemi che la riforma risolve in modo egregio. Anzi, da un docente di diritto costituzionale mi sarei aspettato che prendesse posizione su alcuni dei nodi che la riforma affronta, ovviamente nell’ambito di una civile discussione orientata a far progredire il nostro ordinamento giuridico, l’accesso alla giustizia dei cittadini, l’esercizio corretto della professione forense. Invece i problemi –pur accennati in qualche modo – vengono liquidati con una sufficienza e una inconsapevolezza che mi hanno davvero stupito.
L’incipit riferisce di un “silenzio generale” che circonderebbe la riforma che è approdata in aula alla Camera proprio in questi giorni : essendo dotati di una accurata rassegna stampa, potrei smentire con una serie di faldoni corposa e pesante questa affermazione.
Credo che si tratti della riforma, in materia di professioni, che più ha coinvolto i media, a partire da tre anni fa, quando si mise in cantiere un testo che approdò al Senato, e dopo una lunga attesa, molti ostacoli, molti espedienti per interromperne o rallentare il cammino, fu approvato da una larga maggioranza prima in Commissione e poi in aula.
Mi spiace che il professor Ainis sostenga che l’approvazione di un ramo del Parlamento e poi il prosieguo dell’iter sia frutto della “lobby” dei 133 avvocati parlamentari perché questa affermazione è al tempo stesso offensiva per loro e inconsistente per i lettori: la riforma della professione forense attende dal 1961 (Congresso di Genova) di essere esaminata dai Parlamenti che si sono succeduti nel corso di questi cinquant’anni.
Altrettanto offensiva è la virulenza con cui l’Autore si scaglia contro la riforma, bollandola come espressione della “dottrina fascista delle corporazioni”: la riforma contiene molte innovazioni, rispetto alla legge del 1933, volte alla qualificazione degli studi di Giurisprudenza, del tirocinio, della qualificazione professionale attraverso l’aggiornamento continuo e le specializzazioni, rafforza le garanzie per gli assistiti, introducendo l’assicurazione obbligatoria della responsabilità professionale, e molte altre previsioni che collocano l’attività forense in un mercato più concorrenziale.
Se invece l’aggettivazione è utilizzata come un’arma per gettare discredito sul sistema ordinistico, basterebbe aver seguito la discussione ampia, colta, precisa che si è sviluppata in questo triennio all’interno dell’ Avvocatura e all’esterno, con le diverse istituzioni che se ne occupano, per comprendere quanto sia fallace ogni sistema alternativo, e come il nostro sia in linea con le prescrizioni comunitarie e con i modelli che si sono via via formati in Europa.
Il professor Ainis si scaglia anche contro il Consiglio nazionale forense, ragione per la quale ho sentito il dovere di confutare i suoi argomenti, che altrimenti avrei lasciato correre per la loro … giusta collocazione: mi fa specie che egli non conosca la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione, che ne hanno da molti anni legittimato non solo il ruolo – qualificandolo come giudice speciale – ma anche il rilievo istituzionale, quale ente pubblico non economico rappresentativo dell’intera categoria forense.
E come giudice – che si occupa dei ricorsi degli incolpati avverso i provvedimenti sanzionatori di prime cure – il CNF svolge la sua attività: posso apparire pochi i procedimenti trattati? Il professor Ainis non ha mai controllato, e se lo avesse fatto, avrebbe per correttezza dovuto parlarne, quanti sono i procedimenti che si concludono in primo grado con l’accettazione della sanzione.
Il professor Ainis fa carico alla categoria di non aver frapposto un argine all’ampliamento eccessivo degli iscritti: se mi avesse consultato o se si fosse informato, avrebbe saputo che è da più di vent’anni che il CNF insiste con tutti i Ministri Guardasigilli che si sono succeduti nella carica per l’introduzione di regole selettive e più qualificanti all’atto dell’esame di abilitazione. Abbiamo subìto, non certo auspicato, la situazione oggi in emersione. Quanto poi alla conformità alle prescrizioni comunitarie della disciplina attualmente all’esame della Camera possono rassicurarlo, se ne fosse il caso (e forse lo sarebbe), gli studi che abbiamo condotto per dimostrare che negli ultimi tempi si è fatto un uso distorto, ideologico, insomma, falso dell’argomento, posto che ogni aspetto della legislazione sull’attività forense è stato vagliato della Corte di Giustizia e conservato nella sua interezza.
Proprio per la sua formazione di costituzionalista il professor Ainis avrebbe dovuto chiedersi se è corretto istituzionalmente che il Governo faccia la gara con il Parlamento a disciplinare la materia.
Il Governo lo farebbe con un “regolamento”, fonte secondaria, che certo non si attaglia – è incostituzionale , insomma – alla materia che riguarda la difesa dei diritti dei cittadini , l’accesso alla giustizia, la protezione dei valori fondanti della nostra società. Gli appare “democratico” lo scavalcamento della volontà del Parlamento ad opera del Governo? Oppure gli ricorda qualche altro momento della nostra tragica storia?
 20 Giugno 2012

Guido Alpa

martedì, giugno 19, 2012

EVENTO FORMATIVO DEL 21 GIUGNO 2012 (N. 3 CREDITI).

GEOGRAFIA GIUDIZIARIA: ASTENSIONE DALLE UDIENZE IL 5 LUGLIO.


L'ASSEMBLEA NAZIONALE DELL'OUA 
riunitasi a Roma il 15 e 16 giugno 2012 presso la Cassa Forense
ESPRIME 
ampia condivisione per tutte le iniziative che ordini circondariali, amministrazioni municipali e cittadini stanno attuando sul territorio contro l'indiscriminata soppressione della giustizia di prossimità
CONFERMA 
il proprio impegno perché si pervenga ad una rinnovata geografia giudiziaria non con tagli sommari come quelli prospettati dal Ministro della Giustizia, ma attraverso un ragionato e condiviso esame delle esigenze di ogni singolo territorio
SEGNALA 
la disponibilità ad essere presente sul territorio come già avvenuto nella manifestazione delle 100 città e di essere di supporto alle eventuali iniziative per dichiarare l'incostituzionalità della normativa di revisione della geografia giudiziaria A tale proposito
RILEVA 
- che la totale soppressione degli uffici del GdP non circondariali si pone in netto contrasto con la legge istitutiva di questo giudice che aveva individuato nella Giustizia laica lo strumento per essere il più vicino possibile alle esigenze del cittadino nell'accedere alla "giustizia" cosiddetta "minore". A conferma, ancora oggi sul sito del Ministero della Giustizia, nell'illustrazione delle finalità demandate alla giustizia di pace, si legge che "il giudice di pace è l'ufficio giudiziario che per sua dislocazione geografica sul territorio è il più vicino al cittadino"; - che la totale soppressione delle sezioni distaccate e di un cospicuo numero di tribunali non capoluogo di provincia si pone in netto contrasto con i principi della delega, perché ignora in maniera rilevante il criterio di ridistribuzione territoriale che, assieme agli altri parametri individuati in estensione territoriale, infrastrutture, criminalità, costituivano il punto essenziale della normativa di agosto 2011; 
RIBADISCE 
la necessità che in questa materia, che incide su diritti intangibili del cittadino, ci si attenga ai principi deliberati nel Congresso Straordinario Forense di Milano;
SEGNALA CON PREOCCUPAZIONE 
che ove la delega venisse attuata senza tener conto dei precedenti principi, la Geografia Giudiziaria risulterà ancora più sbilanciata di quella attuale, non potendosi certo negare che, per le deroghe introdotte e i criteri applicati, non si perverrà ad un generale riequilibrio degli uffici ma piuttosto a conservare uffici di ridottissime dimensioni o di grande dimensioni. Certamente nel panorama della Geografia sparirà l'ufficio medio, fino ad oggi simbolo di miglior rapporto costi/efficienza;
INVITA 
i Consigli dell'Ordine, le Associazioni Forensi, le Amministrazioni comunali, le Associazioni, i Comitati territoriali, ad attuare ogni più opportuna iniziativa per contrastare i provvedimenti legislativi di revisione demolitoria della geografia giudiziaria;
DELIBERA ALTRESI' 
a seguito della discussione svolta nell' Assemblea OUA con i componenti del Coordinamento degli Ordini Forensi Minori 1) di sollevare in tutte le sedi questioni di incostituzionalità della normativa sulla geografia giudiziaria investendo dell'argomento anche il Parlamento e il Governo; 2) di aderire e partecipare a tutte le manifestazioni indette dai Consigli sul territorio; 3) di chiedere l'audizione nelle Commissioni Giustizia del Senato e della Camera sulla revisione della geografia giudiziaria; 4) di chiedere al Ministro della Giustizia l'immediata trasmissione del progetto di revisione della geografia giudiziaria preannunciato sulla stampa; 5) di proclamare l'astensione dalle udienze per il giorno giovedì 5 luglio 2012 con contestuale convocazione di Assemblee in tutti gli uffici giudiziari; 6) di proporre una legge di iniziativa popolare per la riformulazione dei criteri di revisione della geografia giudiziaria sulle basi delle indicazioni espresse dall'OUA e recepite nella mozione finale del Congresso Straordinario Forense di Milano; 7) di contrastare la proposta normativa sull'appello cassatorio e sulla legge Pinto; 8) di invitare gli avvocati a non versare il contributo unificato, in segno di protesta, sulla base delle indicazioni formulate dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Nola; 9) di chiedere audizione al Capo dello Stato e ai Presidenti di Camera e Senato per illustrare le ragioni dell'avvocatura sulla revisione della geografia giudiziaria, sul processo civile e sulla riforma della professione forense.
Roma, 16 giugno 2012

sabato, giugno 16, 2012

Geografia giudiziaria: documento congiunto del COA e dell'ANM di Salerno.


CONSIGLIO DELL’ORDINE degli AVVOCATI di SALERNO 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI di SALERNO 

Ai Parlamentari e ai Rappresentanti istituzionali della Provincia di Salerno.

Le indiscrezioni circolate in questi giorni sull’accorpamento del Tribunale di Sala Consilina a quello di Lagonegro e sulla soppressione di tutte le Sezioni Distaccate del Tribunale di Salerno (oltre alla tematica, già nota, della soppressione di tutti gli uffici del Giudice di Pace non aventi sede nei capoluoghi dei circondari) hanno immediatamente indotto l’ANM di Salerno e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno a organizzare l’odierno incontro per un indifferibile confronto con i parlamentari della nostra provincia e con tutti i rappresentanti delle istituzioni locali, nonché con l’opinione pubblica.
La Magistratura associata e l’Avvocatura guardano con favore allo spirito della legge delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari (Legge 14.9.2011 n. 148 di conversione del D.L. 13.8.2011 n. 138) che, nel prevedere il riequilibro delle attuali competenze territoriali, con la soppressione di alcuni tribunali e della gran parte delle sezioni distaccate, costituisce un concreto intervento che si muove finalmente nella direzione di una maggiore efficienza dell’amministrazione della giustizia.
Non bisogna quindi assolutamente sprecare questa occasione facendo prevalere sterili interessi corporativi o campanilistici.
Per questo Magistrati e Avvocati, alla luce delle notorie disfunzioni più volte constatate, concordano sulla necessità della soppressione di tutti gli uffici del Giudice di Pace non aventi sede nel luogo del circondario ove insiste il tribunale, o la sezione distaccata, e sulla necessità dell’accorpamento al Tribunale di Salerno delle Sezioni distaccate di Amalfi, Cava de’ Tirreni, Mercato San Severino e Montecorvino Rovella, provvedimenti che consentiranno anche un recupero di magistrati e di personale amministrativo da impiegare più razionalmente negli altri uffici giudiziari del circondario di Salerno.
Sul paventato accorpamento del Tribunale di Sala Consilina a quello di Lagonegro e sulla soppressione della Sezione distaccata di Eboli si impongono invece necessariamente considerazioni di carattere diverso. Si impone il rispetto delle regole.
Per Sala Consilina la regola è quella dettata dall’art. 2 lett. e) Legge 148/2011 (“assumere come prioritaria linea di intervento (…) il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni”).
È quindi inconcepibile che il Tribunale di Sala Consilina possa essere accorpato ad un Tribunale di dimensioni minori come quello di Lagonegro situato non solo in un’altra provincia, ma addirittura in un’altra regione.
Per questo l’ANM di Salerno e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno chiedono con forza che le competenze giudiziarie del Tribunale di Sala Consilina rimangano all’interno del Distretto della Corte di Appello di Salerno.
Per Eboli la regola è quella dettata dall’art. 2 lett. d) Legge 148/2011 che non prevede affatto la possibilità di sopprimere tutte le sezioni distaccate ma al contrario indica i criteri per l’individuazione di quelle che devono essere mantenute, criteri che sono quelli fissati nella precedente lett. b): “… secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso di impatto della criminalità organizzata”.
 La Sezione distaccata di Eboli risponde pienamente a questi criteri: è una della più grandi Sezioni distaccate sull’intero territorio nazionale; comprende 34 Comuni; ha come utenza una popolazione di oltre 200.000 abitanti; è gravata da carichi di lavoro impressionanti (circa 30.000 cause civili e circa 3.000 cause penali); il nucleo territoriale Eboli-Battipaglia-Capaccio costituisce un polo agricolo e industriale di rilievo economico tale da determinare un contenzioso civile rilevante anche qualitativamente e da stimolare gli interessi della criminalità organizzata.
Per questo l’ANM di Salerno e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno chiedono con forza che la Sezione distaccata di Eboli non venga soppressa e che anzi venga potenziata attraverso il rafforzamento degli organici dei magistrati e del personale amministrativo. Magistrati e Avvocati, mettendo da parte interessi corporativi, si sono assunti le loro responsabilità. Insieme chiedono che le altre Istituzioni assumano le proprie responsabilità verso i cittadini che rappresentano.
Salerno, Palazzo di Giustizia, 15 giugno 2012.

 Il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno
Avv.Americo MONTERA
Il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Salerno
Dott.Vincenzo PELLEGRINO

L'AFORISMA DEL SABATO.


giovedì, giugno 14, 2012

CNF: NUOVE NORME SU PROCESSO NON GARANTISCONO RILANCIO IMPRESE.


(AGENPARL) - Roma, 13 giu - "Il Consiglio nazionale forense esprime gravi preoccupazioni per le norme sul processo civile contenute nella bozza del decreto legge Sviluppo alla quale sta lavorando il Governo in queste ore. Norme, sottolinea il Cnf, discutibilmente presentate come misure per il rilancio delle imprese". Così in una nota il Consiglio nazionale forense.
"Il nuovo intervento è volto a -“filtrare” l’accesso al Giudice di appello, consentendogli già alla prima udienza di rigettare sommariamente le impugnazioni che gli appaiano poco fondate, dandone telegrafica motivazione; -restringere anche l’accesso alla Cassazione, eliminando il ricorso per vizi di contraddittoria o insufficiente motivazione sulle questioni di fatto. In questi termini l’intervento, peraltro attuato con norme poco chiare, desta serie e gravi. preoccupazioni. Non è accettabile, in primo luogo per le imprese, lo smantellamento del sistema dei controlli e delle garanzie in fase di impugnazione, a fronte di un processo di primo grado affidato ad un magistrato singolo. Oltretutto si verificherà una inevitabile moltiplicazione delle questioni procedurali, e dunque non ci sarà alcun beneficio in termini di recupero di celerità; al contrario, le impugnazioni infondate finirebbero paradossalmente con il godere di un binario privilegiato a discapito di quelle degne di accoglimento.
Il Cnf evidenzia che sono altre le vie per far fronte ai certo gravosi arretrati e ai tempi biblici della giustizia: il recupero di efficienza della giurisdizione non può avvenire attraverso l’ulteriore sacrificio dei diritti dei cittadini e delle imprese ma solo attraverso una seria riorganizzazione delle risorse attualmente disperse dal sistema".

ESAME AVVOCATO: PUBBLICATI I RISULTATI DI SALERNO.


lunedì, giugno 11, 2012

GDP DI MONCALIERI: LA MEDIACONCILIAZIONE NON SI APPLICA AL GIUDIZIO INNANZI AL GDP.


GDP DI MONCALIERI (GDP FALCO) 
ORDINANZA DEL 07 GIUGNO 2012 

"(.........) che in attesa della decisione della Consulta questo Giudice ritiene che il giudizio non debba essere distolto dal Giudice naturale precostituito dalla legge, così come previsto dall'art. 25 della Costituzione; che tale fondamentale principio rappresenta una garanzia per il cittadino, poiché tesa a garantirgli la certezza del giudice che dovrà decidere in base alle norme sulla giurisdizione, sulla competenza per territorio e sulla competenza per materia; che, al fine di salvaguardare la certezza del diritto, in questa clima d'incertezza interpretativa, visto l'art. 311 c.p.c. che dispone: “il procedimento dinanzi al Giudice di Pace per tutto ciò che non è regolato nel pesante titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalla norme relative al procedimento dinanzi al Tribunale in composizione monocratica in quanto compatibili” ed in virtù della sentenza n. 154 del 1997 della Corte Costituzionale che ha disposto “il legislatore, nel delineare il procedimento davanti al Giudice di Pace, ha dettato una disciplina autonoma e del tutto peculiare, in ragione della diversità ontologica di tale rito rispetto a quello ordinario, svolgentesi davanti al Tribunale; le disposizioni speciali contenute nel capo II del titolo III del libro II del cpc, dimostrano come si sia voluto nettamente differenziare il procedimento davanti al Giudice di Pace, attribuendo ad esso una particolare connotazione, rappresentata della massima senplificazione delle norme". Respinge, pertanto, l'eccezione d'improcedibilità sollevata da parte convenuta. (.....)

domenica, giugno 10, 2012

Risolto, a costo zero, il problema carceri.

Tribunalini, pronto il piano-tagli. Il ministero: sopprimere 33 uffici, 37 procure e 220 sezioni distaccate.

Trentatre "Tribunalini" e 37 "Procurine": è questo il bilancio degli uffici giudiziari da tagliare, a cui si aggiunge il dato, inedito e clamoroso, dell'eliminazione di tutte le 220 sezioni distaccate esistenti.
Un freno al nanismo giudiziario e (forse) anche al gigantismo con lo sdoppiamento dei Tribunali metropolitani di Roma e Napoli.
Il bilancio è contenuto nel corposo rapporto messo a punto dal capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria Luigi Birritteri e ora al vaglio politico del ministro della Giustizia Paola Severino che lo ha ricevuto qualche giorno fa.
La proposta, dunque, può subire qualche modifica prima di essere trasformata in decreto legislativo per dare piena attuazione alla legge delega sulla riforma della geografia giudiziaria, che ha già visto il taglio di 674 uffici del giudice di pace.
Il testo potrebbe essere portato al Consiglio dei ministri già in settimana perché il tempo stringe: la delega, infatti, scade il 13 settembre e ciò significa che prima di quella data il decreto deve essere approvato dal governo, deve aver ottenuto (entro 30 giorni) i pareri obbligatori (ma non vincolanti) del Parlamento, deve tornare a Palazzo Chigi per il via libera definitivo ed essere firmato anche dal Capo dello Stato.
Il Rapporto è stato messo a punto in base ai criteri della legge delega e delle indicazioni del gruppo di lavoro insediato al ministero della giustizia che, sulla base di una serie di parametri, aveva già ridotto a 37 i possibili tagli rispetto ai 57 ipotizzati inizialmente. Il numero di 33 Tribunali e 37 Procure contenuto nella proposta è ancora inferiore e tuttavia, se non ci saranno altre riduzioni, resta una svolta epocale considerate le storiche resistenze – politiche, corporative, territoriali – nei confronti della riforma.
Che per il governo è forse la più insidiosa perché rischia di scaricare su altre riforme pressioni rimaste inascoltate. Ben al di là delle preoccupazioni legittime, i mesi scorsi sono stati segnati da processioni a via Arenula, trattative, lettere, telefonate, proteste, documenti.
Non solo: «Erinni» (nel senso di «furia») è stato il simpatico epiteto attribuito ai fautori della riforma. I limiti imposti dalla delega (per esempio la cosiddetta "regola del 3" secondo cui in ogni distretto devono essere mantenuti almeno 3 Tribunali con relative Procure) hanno impedito di toccare realtà molto piccole come Potenza, Campobasso, Bolzano, Trento e altre.
Dalle indiscrezioni trapelate, risulta che l'intervento più inviciso ha riguardato il Piemonte dove, su 8 Tribunalini, si propone di sopprimerne 6, tra cui Tortona e Casale Monferrato. Pinerolo e Ivrea sopravvivono al taglio ma solo per supportare il Tribunale di Torino che, a sua volta, assorbirà le relative Procure. Pinerolo diventerebbe quindi un Tribunale da 570mila abitanti (ne ha poco più di 200mila come Ivrea, che salirebbe a 500mila). Anche il Tribunale di Milano verrebbe alleggerito spostando parti del suo territorio a Busto Arsizio e a Lodi, mentre Vigevano e Voghera verrebbero accorpati a Pavia. In Umbria, è stato soppresso Orvieto ma mantenuto Spoleto che ha preso un pezzo di territorio di Perugia.
A L'Aquila la situazione è congelata per tre anni in quanto zona terremotata; a Salerno, Vallo della Lucania è salvo per "la regola del 3" che, a Messina, salva anche Patti e Barcellona Pozzo di Gotto (mentre scompare Mistretta, il Tribunale più piccolo d'Italia e, forse, del mondo).
Un discorso a parte meritano i Tribunali delle zone ad alta intensità mafiosa, come gli uffici calabresi e siciliani di Castrovillari, Rossano, Lamezia, Paola, Marsala e Sciacca: un ruolo decisivo per la loro conservazione potrebbe ancora giocarlo l'impatto con la criminalità organizzata.
Infine i grandi Tribunali come Roma e Napoli potrebbero sdoppiarsi in Roma 2 e Napoli 2, proprio per evitare il gigantismo fonte di diseconomie tanto quanto il nanismo.
Ovviamente, il Rapporto suggerisce anche proposte alternative, su cui c'è massimo riserbo. Se invece fosse accolto e trasformato in decreto, consentirebbe di «movimentare» 461 magistrati e 7.000 dipendenti amministrativi. Il risparmio complessivo (al lordo del taglio dei giudici di pace) è stimato in 76 milioni di euro.
di Donatella Stasio

Tratto dal sito: http://www.ilsole24ore.com

PS: I tribunalini da sopprimere per il comitato ministeriale risultano essere: Lucera, Crema, Vigevano, Voghera, Nicosia, Caltagirone, Modica, Mistretta, Sciacca, Castrovillari, Lamezia Terme, Paola, Rossano, Montepulciano, Chiavari, Sanremo, Avezzano, Lanciano, Sulmona, Vasto, Ariano Irpino, Sant’Angelo dei Lombardi, Sala Consilina, Orvieto, Lagonegro, Pisticci , Acqui Terme, Alba, Casale Monferrato, Ivrea, Mondovì, Pinerolo, Saluzzo, Tortona, Tolmezzo, Bassano del Grappa e Camerino.

venerdì, giugno 08, 2012

Oua, riforma forense nasce già vecchia e inutile.


Roma, 7 giu. (Labitalia) - ''Questa riforma nasce già vecchia, inutile, inadeguata e mortifica la professione di avvocato''.
L'Organismo unitario dell'Avvocatura giudica negativamente la riforma della professione forense, nella versione licenziata dalla commissione Giustizia della Camera, e chiama gli ordini e le associazioni forensi a un'assemblea nazionale a Roma il 15 e 16 giugno ''per valutare la possibilità di proclamare una prolungata astensione dalle udienze in segno di protesta''.
 ''A che serve una legge di riforma forense che elimina le tariffe oltre che i minimi dei compensi e che consente i soci di capitale nelle società professionali tra avvocati? - si chiede il presidente dell'Oua, Maurizio De Tilla - Perchè dirsi soddisfatti di un provvedimento che non tiene conto della funzione costituzionale dell'avvocato? Da parte nostra sono tre decisi no al testo licenziato dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati".
''Non si possono condividere le dichiarazioni del Ministro della Giustizia - continua il presidente Oua - quando afferma drasticamente la contrarietà a qualsiasi norma dell'ordinamento forense che contrasti con i principi e le norme di liberalizzazione oltre che la riaffermata vigenza ed efficacia del principio di delegificazione che contrasta con il dettato costituzionale. Questa riforma nasce già vecchia, inutile, inadeguata e mortifica la professione di avvocato''.

giovedì, giugno 07, 2012

“Rivolta” dei medici legali contro l’ingerenza delle Compagnie di Assicurazione: denunciate le “pressioni” delle assicurazioni per “cancellare” il colpo di frusta.


A.N.E.I.S. (Associazione Nazionale Esperti di Infortunistica Stradale) torna sul decreto liberalizzazioni, in particolare, sulla riforma dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni, introdotta dal recente decreto che ha posto nuovi e più stringenti limiti al risarcimento del danno alla persona.
“Intendiamo difendere il diritto degli assicurati a farsi risarcire il danno subito - ha spiegato il Presidente di A.N.E.I.S, Luigi Cipriano - intorno alla norma si è creata un’interpretazione particolarmente restrittiva e sicuramente ‘interessata’ da parte delle imprese di Assicurazione che nei fatti ha portato alla rinuncia da parte di molte vittime di sinistri stradali a richiedere il risarcimento, grazie alla pressante campagna pubblicitaria che le Compagnie stanno facendo attorno al colpo di frusta affermando che non sarà più risarcito: nulla di più falso!
Nel frattempo numerosi medici legali hanno apertamente denunciato la pressione esercitata dalle Compagnie di Assicurazione, che con circolari operative intendono costringere i medici legali stessi a disconoscere l’esistenza delle lesioni e conseguentemente l’esistenza dei postumi, in contrasto con ogni evidenza scientifica ed obiettività clinica.
I medici legali hanno denunciato la pressante ingerenza delle Compagnie di Assicurazione anche in occasione del convegno medico giuridico organizzato a Padova dalla Società Medico Legale del Triveneto sul tema ‘La diagnosi medico legale dei danni alla persona di lieve entità in RCA’, dove è stata riconfermata la centralità dell’accertamento medico legale quale presupposto unico ed indispensabile per il riconoscimento e la valutazione del danno biologico e del danno non patrimoniale in generale”.
Durante il convegno il Prof. Santo Davide Ferrara, Direttore della Scuola di Medicina Legale dell’Università di Padova, ha ribadito che: “L’aristocratica professione del medico legale non ha bisogno delle circolari delle compagnie di assicurazione”, mentre l’avv. Gian Marco Cesari, per la Federazione Italiana Diritti dell’Uomo, ha invitato i medici legali a denunciare pubblicamente questi tentativi di coercizione professionale, che possono ravvisare fattispecie criminose, quali il falso e la truffa. Infine, il Dr. G.B. PETTI, Presidente della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, ha ricordato per l’ennesima volta i doveri di deontologia professionale medica, e la necessita di tutelare la dignità umana delle vittime della strada. (ANEIS, comunicato stampa 5 giugno 2012)

AIGA: BENE PASSI AVANTI RIFORMA PROFESSIONE FORENSE. TESTO IN AULA CAMERA 11/06.

«Vivo apprezzamento per l’approvazione in Commissione Giustizia della Camera in sede referente della riforma dell’ordinamento forense, che dovrebbe giungere in aula il prossimo 11 giugno. Valutiamo con favore alcuni degli emendamenti che hanno ottenuto il via libera, considerati imprescindibili e necessari ai fini di un rilancio della nostra professione, quali le sperate misure volte all’istituzione di consigli distrettuali di disciplina, quelle che rinviano ad una decretazione legislativa per la disciplina della società tra avvocati, nonché quelle relative alla creazione di parametri di riferimento per il professionista».
Ad affermarlo Dario Greco, presidente dell'Aiga, Associazione italiana dei giovani avvocati, dicendosi soddisfatto del riconoscimento dell’equo compenso ai praticanti, «proposta sostenuta dalla nostra associazione, segnale di equità e di attenzione nei confronti dei giovani, che dovrebbe essere estesa anche ai giovani collaboratori di studio che animano in forte numero gli odierni studi legali».
Per il numero uno dei legali under45,  inoltre,  «la  riformulazione  della  disciplina  per  le  specializzazioni  forensi  migliora  il  testo approvato  al  Senato,  perciò  auspichiamo  che in  sede  regolamentare siano approvati  interventi  che abbattano ogni sbarramento anagrafico e tengano conto solo di meriti effettivi e di conoscenze tecniche. Riteniamo – conclude Greco – che il sì definitivo del Parlamento alla riforma forense sia ormai più che necessario, però è opportuno che in Aula il testo venga ulteriormente potenziato con maggiore attenzione alle giovani generazioni, con incentivi per la ricerca di nuovi spazi di mercato e con un governo più democratico della categoria professionale, con l’elezione diretta degli organi nazionali, senza esclusione dei  giovani,  ma  con misure  volte  ad  assicurare  alla  fascia  più  giovane  dell'avvocatura  l'accesso all'esercizio della professione forense».

Geografia giudiziaria: il CNF chiede il dialogo.

mercoledì, giugno 06, 2012

Peggio di così........


Ordine Avvocati Salerno: deliberato lo "sciopero bianco" per il 12 giugno 2012.


Contributo unificato, il Cnf avverte il ministro Guardasigilli: il pagamento non è previsto in caso di intervento nelle procedure esecutive.


Il Consiglio nazionale forense ha inviato venerdì 1° giugno una nota al ministro della giustizia in merito alla circolare ministeriale n. 10 dell’11 maggio scorso- esplicativa sulle nuove norme in materia di contributo unificato- per chiedere che ne venga rivista l’interpretazione.
In particolare, in merito alla nuova previsione del versamento di un autonomo contributo unificato nell’ipotesi di estensione della domanda o del numero dei contraddittori.
Il Cnf ha escluso, dalla lettura delle norme e contrariamente a quanto sostenuto nella circolare n. 10, che tale versamento sia dovuto in caso di interventi nelle procedure esecutive ed ha chiesto al ministero di modificare la sua interpretazione, per evitare: a) applicazioni non coerenti con il quadro normativo che si tramutano in un ulteriore aumento indiscriminato del contributo unificato; b) diversità applicative segnalate nei diversi uffici giudiziari; c) sostanziale aumento del contenzioso.

martedì, giugno 05, 2012

Esame di avvocato: 33 gli ammessi all'orale a Trento.

 
Sono solo 33 i candidati ammessi alla prova orale presso la Corte di Appello di Trento. 
E' quanto si apprende dalla comunicazione del 4 giugno 2012, pubblicata sul sito dell'Ordine degli avvocati di Trento.

SCADENZE CASSA FORENSE.


UNA VERITA' ESTREMAMENTE ATTUALE.

Mediazione: l'ordinanza di condanna al pagamento di una somma pari al contributo unificato, può essere emessa anche anteriormente al regolamento delle spese.


TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE
 SEZIONE CIVILE
 IL GIUDICE ISTRUTTORE
 in persona del Giudice dr. Angelo Piraino
nel procedimento iscritto al n. xxx dell’anno 2011 del Ruolo Generale
vertente tra Alfa (attore) CONTRO Beta (convenuto)
letti gli atti; sciogliendo la riserva assunta all¡¦udienza del 09/05/2012 ;
rilevato che con ordinanza del 21/12/2011 le parti sono state onerate di procedere ad un nuovo tentativo di mediazione, in considerazione della illegittimità del tentativo precedentemente espletato, determinata dalla mancata comunicazione alla parte convocata della domanda di mediazione proposta dalla parte richiedente la mediazione;
rilevato che il nuovo tentativo di mediazione ritualmente espletato ha avuto esito negativo a causa della mancata partecipazione degli odierni convenuti, attestata dal verbaledi esito negativo del 16/04/2012 prodotto in atti dalla parte attrice; rilevato che la difesa dei convenuti ha giustificato la mancata partecipazione al tentativo obbligatorio di mediazione affermandone la inutilità in ragione del fatto che tale tentativo era stato espletato dopo la proposizione del giudizio ed affermando l’impossibilita di una rinuncia anche parziale alle contrapposte ragioni delle parti “anche in ragione della acclarata ed atavica litigiosità tra le suddette” (cf. fax dell’11/04/2012 inviato all’organismo di mediazione, prodotto in giudizio dalla difesa della parte convenuta);
 ritenuto che le giustificazioni addotte non possono in alcun modo ritenersi valide, in considerazione del fatto che l’espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione anche successivamente alla proposizione della controversia e espressamente contemplato dall’art. 5 del decreto legislativo n. 28/2010, ed in considerazione altresì del fatto che la sussistenza di una situazione di litigiosita tra le parti non puo di per se sola giustificare il rifiutodi partecipare al procedimento di mediazione, giacché tale procedimento e precipuamente volto ad attenuare la litigiosità, tentando una composizione della lite basata su categorie concettuali del tutto differenti rispetto a quelle invocate in giudizio e che prescindono dalla attribuzione di torti e di ragioni, mirando al perseguimento di un armonico contemperamento dei contrapposti interessi delle parti; rilevato che ai sensi dell’art. 8, comma 5, del d.lg.vo n. 28 del 2010, nel testo modificato dall’articolo 2, comma 35-sexies del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, va pronunciata condanna al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio nei confronti della parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5 del medesimo decreto legislativo, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo;
rilevato che la norma in questione e applicabile ratione temporis alla fattispecie presente, trattandosi di procedimento obbligatorio di mediazione svolto successivamente all’entrata in vigore del D.L. 13 agosto 2011, n. 138;
 rilevato che la lettera della citata disposizione, in virtu dell’uso da parte del legislatore del tempo indicativo presente, induce a ritenere obbligatoria la pronuncia di condanna in questione ogniqualvolta la parte che non ha partecipato al procedimento non fornisca una idonea giustificazione alla propria condotta;
rilevato che l’irrogazione della sanzione pecuniaria prescinde del tutto dall’esito del giudizio e che tale irrogazione non puo, pertanto, ritenersi necessariamente subordinata alla decisione del merito della controversia;
ritenuto, pertanto, che la sanzione pecuniaria in questione ben puo essere irrogata anche in corso di causa e in un momento temporalmente antecedente rispetto alla pronuncia del provvedimento che definisce il giudizio;
rilevato che le parti hanno chiesto la fissazione dei termini di cui all'art. 186, sesto comma, c.p.c.;
P.Q.M.
 visto l’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 28/2010
condanna i convenuti al versamento in favore dell’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio in virtu della ingiustificata mancata partecipazione al procedimento obbligatoriodi mediazione;
concede alle parti i seguenti termini perentori: - entro il 27/09/2012 per deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni gia proposte, secondo quanto previsto previste dall¡¦art. 183, sesto comma, n. 1), c.p.c.; – entro il 26/10/2012, per il deposito di memorie contenenti repliche alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che siano conseguenza delle domande e delle eccezioni suddette nonche per l’indicazione dei mezzi di prova e la produzione di documenti, ai sensi dell¡¦art. 183, sesto comma, n. 2), c.p.c.; – entro il 16/11/2012, per il deposito delle memorie contenenti la sola indicazione di prova contraria ai sensi dell¡¦art. 183, sesto comma, n. 3), c.p.c.; rinvia il processo per la pronuncia sulle richieste istruttorie riproposte dalle parti all’udienza del 26/11/2012, ore 10:00
Manda la cancelleria per la comunicazione del presente provvedimento alle parti costituite.
 Così deciso in Termini Imerese, in data 09/05/2012.
 Il Giudice Angelo Piraino

lunedì, giugno 04, 2012

Non è necessaria la mediazione civile nel ricorso ex art.696 bis c.p.c.-


Tribunale di Milano, VI Sez. Civile 
(Giudice: dott.ssa Cosentini) ordinanza 24.4.2012 

(......)Ritenuto che, quanto all’istanza di ATP svolta ex art. 696 bis c.p.c., se ne escluda in via preliminare l’improcedibilità per mancato pregresso esperimento di procedimento di mediazione, condizione che si reputa riferita ai soli procedimenti di natura contenziosa e non già ai procedimenti, quale il presente, con finalità di conciliazione della lite;
Ritenuto altresì che la coesistenza nell’ordinamento processuale dei due istituti dell’ATP conciliativo (art.696 bis c.p.c.) e del procedimento di mediazione (artt.3 e ss. D.L.vo 28/2010) non sia prevista in termini di alternatività, tale per cui il ricorso all’uno esclude il ricorso all’altro, stimandosi che il ricorso al primo, rimesso alla disponibilità delle parti ove ne ricorrano i presupposti (con particolare riferimento all’utilità di una verifica tecnica che consenta alle parti di fare chiarezza sul tema controverso e su istanze restitutorie o risarcitorie poste), non escluda la necessità di ricorrere al secondo quando, non raggiunto l’obiettivo della conciliazione, si profili la via contenziosa e quindi, nelle materie previste, l’obbligatorietà di ricorrere al preventivo procedimento di mediazione (nel quale, prevalenti le tecniche relazionali di mediazione, ci si potrà comunque avvalere dell’accertamento tecnico già svolto);(....)

L'ULTIMA TROVATA DEL MINISTRO SEVERINO.

EVENTO FORMATIVO DEL GIORNO 8 GIUGNO 2012 (4 CREDITI).

venerdì, giugno 01, 2012

OPINIONI A CONFRONTO SUL FUTURO DELLA PROFESSIONE FORENSE.

Trib. Varese: nell'opposizione a d.i. è l'opposto che deve instaurare il procedimento di mediazione.

Tribunale Varese (GU: dott. Buffone) 
Ordinanza 18 maggio 2012 
(……) Il ricorso per decreto ingiuntivo e stato depositato il 2 agosto 2011 nella vigenza del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 (entrato in vigore il 21 marzo 2011) e, pertanto, il testo normativo in parola si applica all'odierna controversia (art. 39, ult. comma, c.p.c.).
Ai sensi dell'art. 5 comma I, decreto cit., chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di "contratti bancari” e tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione, davanti ad un Organismo abilitato.
Nel caso di specie, la controversia trae linfa da un contratto di conto corrente e, dunque, da un negozio bancario e, per l'effetto, la controversia involge una delle materie per cui il tentativo preliminare di mediazione e obbligatorio e non facoltativo. La lite, tuttavia, e stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, sfociato in una ingiunzione di pagamento tempestivamente impugnata. Ebbene, il comma III dell'art. 5 cit., introduce una disciplina speciale per i processi a struttura cd. bifasica, come il procedimento monitorio. Come ha ben messo in evidenza la dottrina, i procedimenti de quibus sono "caratterizzati da esonero della mediazione nella fase sommaria”. Per quanto qui interessa, in particolare, l'onere della mediazione, davanti all'organismo prescelto, nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, e differito "fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”. In altri termini, la pronuncia giudiziale che statuisce in ordine alla concessione della esecutivita della ingiunzione (648 c.p.c.) oppure in ordine alla sospensione della stessa (649 c.p.c.), riattiva, nel processo, l'onere di presentare l'istanza per il procedimento mediativo, a pena di improcedibilità della domanda. L'articolato normativo in esame ha dato adito a dubbi, sfociati in orientamenti interpretativi contrapposti, qui di interesse per individuare l'effettiva parte del processo tenuta alla introduzione del giudizio di mediazione: secondo taluni, l'improcedibilità conseguente alla mancata attivazione della fase conciliativa, colpirebbe la "domanda giudiziale” e, dunque, quella portata dal decreto ingiuntivo; secondo altri, invece, essa colpirebbe l'opposizione e, pertanto, la formale richiesta della parte opponente. L'opinione conforme al dato legislativo è la prima.
L'onere di Legge e posto a carico di "chi intende esercitare in giudizio un'azione" (v. art. 5 comma I). Orbene, secondo un costume giurisprudenziale radicato e costante, da ultimo convalidato dalle Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., sentenza 9 settembre 2010 n. 19246) e confermato dagli arresti più recenti (Cass. civ., sez. I sentenza 14 aprile 2011 n. 8539), l’opposizione a decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, il quale, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio, investe il giudice del potere-dovere di statuire sulla pretesa originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni e difese contro la stessa proposte, con la conseguenza che il processo non verte attorno alla legittimità o liceità dell’ ingiunzione.
Si vuol dire che "attore sostanziale” (e, dunque, chi agisce in giudizio, nei sensi di cui all'art. 5 comma I cit.) è il creditore e non il debitore che proponga opposizione. A carico dello stesso, un onere e configurabile solo in caso di domande in riconvenzione o verso terzi, ma non certo per il solo fatto di avere (dovuto) proporre l'opposizione.
L'atto di opposizione, infatti, non costituisce un’iniziativa processuale autonoma, ma la reazione difensiva all'impulso procedimentale altrui. Peraltro, una interpretazione differente, evidentemente crea uno squilibrio irragionevole ai danni del debitore che non solo subisce l'ingiunzione di pagamento a contraddittorio differito, ma nella procedura successiva alla fase sommaria viene pure gravato di un altro onere che, nel procedimento ordinario, non spetterebbe a lui.
E ciò sulla base di una scelta discrezionale del creditore. Si può, dunque, precisare che, nel caso di specie, il soggetto tenuto ad attivarsi per evitare Ia declaratoria d’improceclibilità, è la parte opposta, attore sostanziale e creditore effettivo.

La tolleranza del locatore sui ritardi nel pagamento dell'affitto rende inoperante la clausola risolutiva espressa.

Niente risoluzione del contratto per grave inadempimento della conduttrice se quest'ultima ha provveduto con ritardo al pagamento dell'affitto in caso di tolleranza del locatore sui ritardi ed il richiamo all'esatto adempimento ripristina la situazione solo per i canoni futuri.
Lo ha sancito il Tribunale di Bari che, con la sentenza pubblicata il 17 aprile 2012, ha respinto il ricorso del proprietario di un immobile che ha intimato lo sfratto per morosità alla società alla quale aveva concesso in locazione per uso diverso con contratto tale immobile, denunciando che la conduttrice si era resa morosa nel pagamento del canone trimestrale.
La Corte di merito ha ritenuto illegittima tale domanda alla luce del fatto che la conduttrice ha provato al Collegio di aver trasmesso al locatore un assegno bancario, comprensivo dell'aggiornamento Istat.
Pertanto, la terza sezione civile, visto l'avvenuto versamento di somme in eccedenza rispetto all'effettivo importo dei canoni scaduti, ha ritenuto che la domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento della conduttrice fosse infondata, ribadendo che «la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito, qualora consolidata attraverso un comportamento abituale, rende inoperante la clausola risolutiva espressa prevista nel contratto di locazione. Tuttavia, se il creditore che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda, successivamente al suo precedente comportamento contrario al mantenimento in vita di detta clausola, con una nuova manifestazione di volontà, a richiamare il debitore all'esatto adempimento delle sue obbligazioni, detta clausola riprende la sua efficacia. La pretesa di ottenere il ripristino della rigorosa osservanza degli obblighi contrattuali, però, non può spiegare effetti che per il futuro e non può, invece, essere addotta per trarre conseguenze giuridiche sfavorevoli al conduttore per le prestazioni già scadute».
 Insomma, osservando che il pagamento dei canoni è stato attuato con un ritardo medio di circa dieci giorni rispetto alla pattuita scadenza e che la prestazione della debitrice è stata, comunque, eseguita lo stesso giorno della notifica dell'atto introduttivo del giudizio, si è salvaguardata la natura e la finalità del rapporto negoziale non ledendo l'interesse e le aspettative economiche del locatore.