venerdì, aprile 29, 2011

Occupazione “sine titulo” d’un immobile e risarcimento del danno.


Della fattispecie è tornata ad occuparsi, in una recente pronuncia, la Corte di Cassazione.
Nella sentenza n. 5028, resa dalla Seconda Sezione del Supremo Collegio l’1 marzo 2011, gli ermellini, in conformità al loro consolidato orientamento, hanno specificato che nelle fattispecie concernenti occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno per il proprietario usurpato è in re ipsa, ricollegandosi al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del dominus ed alla impossibilità per costui di conseguire l'utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso (v. da ultimo, Cass., Sez. 2, dell'8 marzo 2010, n. 5568; Cass., Sez. 3, dell'11 febbraio 2008, n. 3251; Cass., Sez. 3, dell'8 maggio 2006, n. 10498) (così Cass. 1 marzo 2011 n. 5028).
Ciò detto è necessario comprendere secondo quali parametri debba calcolarsi il danno subito.
Con riferimento a questa problematica, sempre la Corte regolatrice ha avuto modo di chiarire che la determinazione del risarcimento del danno ben può essere operata, in tali ipotesi, facendo riferimento al cosiddetto danno figurativo e, quindi, al valore locativo del cespite usurpato (Cass. ult. cit.).

Il Pdl: più soldi ai magistrati!


Il Pdl vuole aumentare lo stipendio ai magistrati. Non solo. Assegnare loro alloggi, introdurre sgravi fiscali per le spese di aggiornamento professionale e prevedere indennità per i pm e i giudici trasferiti d'ufficio nelle sedi disagiate.
Proprio così: lo propone il Pdl. Non l'Italia dei Valori.
La proposta di legge è stata presentata dal deputato e segretario romano del partito, Gianni Sammarco, che spiega: «Chi vuole una magistratura meno politicizzata vuole anche magistrati in grado di svolgere pienamente le loro funzioni, non condizionabili in alcun modo, sereni dal punto di vista economico».
Ma al deputato del Pdl stanno a cuore in particolare i «nuovi» giudici e pm: «La mia proposta di legge si rivolge soprattutto ai magistrati più giovani, quelli di cui non si parla mai, che percepiscono attualmente retribuzioni ben lontane da quelle favoleggiate dai media».
Il deputato romano è determinato: «Vogliamo che il superamento del concorso in magistratura sia l'obiettivo dei giovani più meritevoli e più capaci che invece oggi sono attratti da altre professioni, meglio remunerate».
Insomma «il trattamento economico dei magistrati ordinari deve essere adeguato al livello delle loro responsabilità e allo stesso livello, almeno tendenzialmente, delle retribuzioni attualmente percepite dai magistrati amministrativi e contabili».
Ecco la nuova tabella, allegata all'articolo 1 della proposta di legge.
I magistrati ordinari in tirocinio avranno quasi 32 mila euro lordi all'anno, gli ordinari da 44 mila e rotti fino a 73 mila.
I magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità (presidente aggiunto e procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione, presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche) 75 mila 746 euro lordi all'anno.
Infine i magistrati con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità (procuratore generale presso la Corte di cassazione) e i magistrati con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità (primo presidente della Corte di cassazione) quasi 78 mila e 500 euro. Gli aumenti più rilevanti sono previsti per i più giovani.
Inoltre, dice l'articolo 2, «al magistrato trasferito d'ufficio è attribuita, per il periodo di effettivo servizio nelle sedi disagiate e per un massimo di sei anni, un'indennità mensile determinata in misura pari al doppio dell'importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con tre anni di anzianità».
L'articolo 3 della proposta di legge firmata da Gianni Sammarco assegna a titolo gratuito un alloggio di servizio delle forze di polizia o delle forze armate «ai magistrati ordinari destinati alla prima sede e a quelli trasferiti d'ufficio».
Poi l'articolo 4 prevede «una detrazione dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico, fino a un importo massimo delle stesse di 2.000 euro, per l'aggiornamento professionale e per la formazione». Infine l'articolo 5 con le disposizioni finanziarie.
«Il Pdl non è mai stato contro i magistrati in quanto categoria - sottolinea ancora Sammarco - L'ha sempre detto anche il premier Berlusconi». In ogni caso ecco la dimostrazione. Chissà che questa proposta di legge non sanerà anche i contrasti politici tra le toghe e il governo.
Data: 28/04/2011
Fonte: Quotidiano “IL TEMPO”

giovedì, aprile 28, 2011

Congresso della Federazione Ordini Forensi d'Europa.

La rovinosa situazione economica-produttiva dell'azienda non giustifica la disdetta del CCNL (Cass. Civ. Sez. Lav. 19 aprile 2011 n. 8994).


La disdetta del CCNL trova applicazione esclusivamente con riferimento alle organizzazioni sindacali firmatarie dello stesso contratto ma non di certo con riferimento alle parti del rapporto di lavoro individuale, salva l'ipotesi di contratti aziendali, stipulati dal singolo datore di lavoro e dai sindacati locali dei lavoratori e dai quali, ricorrendone i presupposti, anche il datore di lavoro, quale parte contrattuale, può recedere.
E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 8994 del 19 aprile 2011, relativamente al caso di una società che aveva operato il recesso dal contratto collettivo nazionale settore Tessile (con conseguente riduzione delle retribuzioni corrisposte ai suoi dipendenti).
I giudici di merito, sul ricorso proposto da una dipendente, avevano ritenuto l'illegittimità dell'atto di recesso con condanna dell'azienda al pagamento, in favore della lavoratrice, delle differenze retributive connesse all'applicazione del contratto collettivo.
E’ risultata ininfluente la motivazione della società, in merito alla "rovinosa situazione economica-produttiva" che l'aveva portata a disdidire il CCNL per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Infatti la Suprema Corte, rigettando il ricorso dell'azienda in crisi, sottolinea l'infondatezza del presupposto mosso dalla ricorrente ossia la possibilità da parte del singolo datore di lavoro di disdettare il contratto collettivo, competendo la possibilità di disdire il contratto collettivo esclusivamente alle parti stipulanti - organizzazioni sindacali e datoriali - che di norma disciplinano pure le conseguenze della disdetta.

martedì, aprile 26, 2011

Locazioni non abitative: il pagamento tardivo può costituire "inadempimento grave" e risolvere il contratto.


Corte di Appello di Napoli - Sezione II civile - Sentenza 4 marzo 2011 n. 506

Per un esercizio commerciale, rimanere indietro di due o tre mesi con il pagamento delle rate del fitto è da considerare un “inadempimento grave” che può portare alla risoluzione del contratto.
Né è sufficiente a sanare il difetto del conduttore che il pagamento degli arretrati avvenga dopo il ricevimento dell’atto di citazione.
Lo ha stabilito la Corte di Appello di Napoli con la sentenza n. 506/2011 (pubblicata il 04 marzo 2011), accogliendo le richieste del proprietario e ribaltando la sentenza di primo grado.
Secondo la Corte territoriale, infatti, “Qualora il conduttore di un immobile ad uso diverso, alla prima udienza, o nel termine fissato dal giudice, paga il dovuto, non per questo viene sottratto al giudizio di risoluzione contrattuale, in quanto il pagamento effettuato dopo la notifica dell’atto di citazione, essendo comunque tardivo, può valere solo a purgare la morosità, ma non certo a cancellare l’inadempimento. Pertanto, sorge, salva l’ipotesi di rinuncia da parte del locatore alla domanda o all’azione come proposta, l’obbligo per il giudicante, adito a seguito dell’esperimento di una azione per la risoluzione per inadempimento di un contratto di locazione non abitativo, di delibare il caso rimesso al suo esame alla luce degli articoli 1453 e ss cc; e ciò analizzando la condotta dell’inadempiente sia sotto il profilo soggettivo che quello oggettivo”.

Il 23 giugno 2011 astensione degli avvocati.


L’Organismo Unitario dell’avvocatura, Oua, forte dell’adesione compatta degli ordini e delle associazioni forensi (con l’isolata e marginale posizione di distinguo degli ordini di Roma e Venezia su 165 consigli), ha sottolineato la mancata apertura di un qualunque canale di dialogo da parte del Ministero della Giustizia e ricordato che la risposta alle decise e massicce proteste dell’ avvocatura, nonché alle critiche avanzate da tutti gli operatori della giustizia (avvocati,magistrati, giudici onorari e di pace, funzionari, ecc), passa per l’approvazione urgente dei ddl bipartisan, all’esame del Senato per la modifica della mediaconciliazione presentati da Benedetti Valentini e Della Monica.
Allo stesso tempo, il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, ha annunciato la proclamazione di un’ulteriore giornata di astensione per il 23 di giugno:
«La mediaconciliazione è stata rinviata dal Tar Lazio alla Corte Costituzionale e l’Oua denuncia da mesi i molteplici profili di incostituzionalità. Ma vi è di più, il sistema varato in Italia è in contrasto palese con la normativa europea perchè è costoso per i cittadini, perchè condiziona il successivo giudizio, per i tempi troppo lunghi. In sintesi perchè limita l’accesso alla giustizia per i cittadini.
Quindi la mediaconciliazione “all’italiana”, unico esempio nel mondo, di fatto non rispetta i principi stabiliti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che, come prevede il Trattato di Lisbona, ha piena valenza giuridica nel nostro ordinamento.
In questo senso l’Oua ha fatto propria la delibera dell’Ordine degli avvocati di Firenze che invita i giudici, su istanza delle parti, alla disapplicazione dell’obbligatorietà.
Non solo, il 23 giugno faremo un’altra giornata di astensione dalle udienze. Gli avvocati rimangono al fianco dei diritti dei cittadini, contro la svendita a interessi privati del diritto alla giustizia. La rottamazione della giustizia civile non ha riscontro in alcun Paese Europeo».

Roma, 26 aprile 2011

giovedì, aprile 21, 2011

OUA: LA MEDIACONCILIAZIONE CONTRASTA CON LA NORMATIVA EUROPEA.


L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Oua, con una nota a firma del presidente, Maurizio de Tilla, fa propria la delibera dell’Ordine degli Avvocati di Firenze con la proposta di disapplicazione da parte dei giudici della mediaconciliazione obbligatoria.
Per il presidente dell’Oua alle innumerevoli questioni di incostituzionalità da sollevare davanti ai giudici (avvalorate dalla mirabile ordinanza del TAR del Lazio di rimessione alla Corte Costituzionale) si aggiunge la istanza di disapplicazione dell’obbligatorietà (dell’art. 5, comma 1 del decreto legislativo n. 28/2010) proposta dal Consiglio dell’Ordine di Firenze (Presidente avv. Sergio Paparo e relatore avv. Gaetano Viciconte) ma fatta propria dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana.
«La disciplina che introduce l’obbligatorietà della mediazione – si spiega nel documento del Consiglio dell’Ordine di Firenze, fatto proprio dall’Oua - merita, infatti, di essere disapplicata per contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la cui portata, ai sensi dell’art. 52, terzo comma, della Carta, corrisponde a quella dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le norme introdotte dal D.Lgs. sulla conciliazione, riguardante sia le liti transfrontaliere che quelle interne, pongono seri problemi di compatibilità con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Per alcuni aspetti normativi e per le difficoltà di attuazione pratica che il predetto decreto legislativo probabilmente incontrerà, il “diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice” viene limitato in modo grave e sproporzionato rispetto allo scopo fatto valere di ridurre il carico di lavoro degli uffici giudiziari. La nozione di “ricorso effettivo dinanzi a un giudice ” riconosciuto dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, corrisponde (articolo 52/3 della stessa Carta) a quella elaborata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Con giurisprudenza costante dopo la sentenza Golder c. Regno Unito del 21 febbraio 1975, la CEDU ritiene che il diritto di effettivo accesso al giudice, pur non espressamente menzionato all’art. 6 della Convenzione, è un diritto che deve essere “concreto ed effettivo”».
Nel testo, poi, si entra anche in un caso concreto: «La Corte di Giustizia – chiarisce - ha esaminato per esempio una fattispecie simile alla obbligatorietà della mediaconciliazione in merito a un tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale davanti al Co.re.com, come condizione di procedibilità dei ricorsi giurisdizionali in talune controversie civili. Le condizioni per la illegittimità della normativa sono le seguenti:
- il risultato della procedura di conciliazione non deve essere vincolante nei confronti delle parti interessate e non deve incidere sul loro diritto ad un ricorso giurisdizionale;
- la procedura di conciliazione non deve comportare un ritardo sostanziale nella proposizione di un ricorso giurisdizionale. Infatti, il termine per chiudere la procedura di conciliazione non può superare i trenta giorni a decorrere dalla presentazione della domanda e, alla scadenza di tale termine, le parti possono proporre un ricorso giurisdizionale, anche ove la procedura non sia stata conclusa;
- la prescrizione dei diritti non va sospesa per il periodo della procedura di conciliazione;
- i costi derivanti dalla procedura di conciliazione dinanzi al Co.re.com devono essere inesistenti.»
«Ebbene – sottolinea il presidente dell’Oua - nel caso della mediaconciliazione obbligatoria introdotta in Italia le suddette condizioni non sono state rispettate e quindi ci troviamo di fronte a una palese violazione dei diritti del cittadino».
«Il giudice – continua il documento – può, quindi dichiarare la disapplicazione della norma nazionale sulla mediaconciliazione per contrasto con un principio generale fondamentale dell’ordinamento europeo.
D’altronde la Corte di Giustizia, nella sentenza della Grande Sezione del 19 gennaio 2010, nel procedimento C-555/07, Kucukdeveci contro Sweedex GmbH & Co. KG, ha statuito che dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ha lo stesso valore giuridico dei Trattati, nel senso che al singolo giudice nazionale è concesso il potere di disapplicazione della legge interna di fronte alla violazione dei principi di derivazione comunitaria, e, in particolare, non soltanto nei rapporti tra i singoli e lo Stato (efficacia diretta verticale), ma anche nei rapporti tra privati, consentendo a un singolo di invocare una norma comunitaria nei confronti di un altro (efficacia diretta orizzontale). Ciò senza alcuna necessità di sollevare né una questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale, né una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia UE. La sentenza richiamata, pertanto, attribuisce direttamente al giudice nazionale il potere di sindacare la norma legislativa interna in contrasto con un diritto fondamentale europeo».
«Pertanto – conclude il Presidente de Tilla - su richiesta di una delle parti, il Giudice può dichiarare la procedibilità della domanda, disapplicando l’art. 5 comma 1 del D.Lgs. n. 28/2010, perché in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
Roma, 21 aprile 2011

lunedì, aprile 18, 2011

Delibera OUA di richiesta sospensione procedimento.


L’Assemblea dell’OUA
PRESO ATTO dell’ordinanza emessa dal TAR Lazio del 12/4/2011, nel procedimento n. 10937/2010, promosso dall’OUA, con cui vengono rimesse alla Corte Costituzionale le questioni di legittimità costituzionale della norme introdotte dal D.Lgs. 28/2010, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione;
INVITA il Governo a sospendere in via d’urgenza, fino alla pronuncia della Corte Costituzionale, l’efficacia del D.Lgs. medesimo, nella parte in cui prevede l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, al fine di evitare la paralisi della giustizia civile e i notevoli costi a danno dei cittadini;
RILEVATO inoltre che, con circolare dell’11/4/2011, il Ministero ha formulato un’interpretazione del D.Lgs. 28/2010, nonché del regolamento di attuazione, arbitraria e vessatoria per i cittadini, finalizzata a costringere gli stessi al pagamento degli oneri della procedura di mediazione, anche in caso di mancato espletamento della medesima, comprimendo ulteriormente il diritto costituzionalmente garantito di accesso alla Giustizia;
RICHIAMATO il proprio protocollo procedimentale già divulgato;
INVITA gli Organismi di mediazione istituiti ed istituendi dai COA ad adottare regolamenti aderenti alle direttive indicate dall’OUA e in particolare ai principi: 1) facoltà delle parti, compreso il proponente, a non aderire al procedimento senza con ciò essere obbligate al pagamento di costi ulteriori rispetto a quello iniziale di €. 40,00; 2) divieto per il mediatore di formulare la proposta senza l’esplicito consenso congiunto di tutte le parti; 3) rilascio da parte della Segreteria dell’Organismo del certificato di conclusione della procedura anche nel caso in cui una sola delle parti non intenda aderire alla procedura.
INVITA di conseguenza gli Organismi medesimi a disattendere la circolare suddetta.
Roma il 13 Aprile 2011

Il Presidente
Avv. Maurizio de Tilla

Il Segretario
Avv. Fiorella Ceriotti

Nelle Casse di previdenza dei professionisti cova la rivolta.


Un ingegnere che termina di lavorare oggi consuma in due anni di pensione tutti i contributi versati in una vita lavorativa. Un avvocato impiega meno di quattro anni. Considerando che la vita media è di 83 anni, chi pagherà per loro gli altri 15 o 20 anni di pensione?
La risposta è facile: saranno i giovani professionisti a foraggiare la cassa di previdenza di categoria nei prossimi anni. Probabilmente lo farebbero anche volentieri, se fossero sicuri che, quando sarà il loro turno, avranno lo stesso trattamento.
Ma sanno che non sarà così. A loro toccheranno contributi sempre più alti e pensioni sempre più basse. E adesso cominciano a chiedersi se ne vale la pena.
Nonostante le riforme messe in cantiere negli ultimi anni (prima la situazione era ancora più sbilanciata), le Casse di previdenza dei professionisti non riescono a dare garanzie di equità intergenerazionale. Insomma, chi ha avuto in mano il potere negli ultimi anni si è preparato una vecchiaia dorata, pagando però solo una parte (spesso una piccola parte) del costo del biglietto.
Ai posteri l'onore della contribuzione. I timidi tentativi fatti finora per sottrarre agli anziani qualche privilegio si sono scontrati contro il principio dei “diritti acquisiti”.
Argomento con il quale, per esempio, la Cassazione ha bocciato il contributo di solidarietà che la Cassa di previdenza dei dottori commercialisti aveva posto a carico dei pensionati più ricchi.
In queste condizioni l'unica strada percorribile per garantire una pensione dignitosa anche ai giovani sembra essere quella di aumentare i contributi previdenziali a loro carico.
Da qui la legge in approvazione proprio in questi giorni, che consente di aumentare fino al 5% il contributo integrativo (il tentativo è quello di scaricare l'onere sul cliente, ma non è detto che, in tempi di vacche magre, l'operazione riuscirà sempre e comunque).
Da qui anche gli appelli alla previdenza integrativa, che dovrebbe compensare l'assegno sempre più misero di quella ordinaria. Entrambe queste soluzioni, però, non fanno altro che aggirare il problema, senza risolverlo.
Perchè mai un giovane, che già si trova ad affrontare un mondo del lavoro ben più competitivo rispetto a quello di qualche anno fa, una realtà sempre più complessa e un futuro sempre più incerto, dovrebbe essere contento di finanziare anche i lussi che si sono riservati i colleghi che lo hanno preceduto?
Ben sapendo che il patrimonio accumulato dalle Casse copre solo un quarto del debito accumulato nei confronti degli iscritti e che almeno otto di loro hanno una sostenibilità dubbia già nel medio periodo?
In questa situazione una cosa è certa: appena le nuove generazioni prenderanno in mano le redini del gioco, le regole cambieranno.
Il problema non saranno più i diritti acquisiti, ma i diritti sostenibili. Non si parlerà più di aumento dei contributi ma di privilegi scandalosi da eliminare. E’ solo questione di tempo.


Marino Longoni
Data: 18/04/2011
Fonte: ITALIA OGGI SETTE

venerdì, aprile 15, 2011

Passa alla Camera il ddl Mugnai sull'opposizione al decreto ingiuntivo.


Passa all'esame della Camera il ddl, approvato dalla commissione Giustizia del Senato in sede deliberante il 13 aprile, che fornisce un’interpretazione autentica dell'articolo 165 del Codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo.
Il provvedimento, in seguito alla sentenza n. 19246/2010 delle Sezioni Unite della Cassazione, si era reso necessario per il contrasto interpretativo intervenuto - fra le sezioni della Corte suprema - del comma 2 dell'articolo 165 del codice di procedura civile nella parte in cui stabilisce che il giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo prosegua secondo le norme del procedimento ordinario “ma i termini di comparizione sono ridotti a metà”.
Inciso che viene soppresso dal provvedimento approvato dal Senato.
“Si vuole evitare - ha spiegato il relatore Franco Mugnai (Pdl) - che una interpretazione errata possa essere penalizzante per soggetti che avevano ritenuto di applicare la norma in modo diverso”.
Il ddl contiene anche una norma transitoria che riguarda i procedimenti pendenti (la riduzione del termine di costituzione dell'attore prevista dal comma 1 dell'articolo 165 del Codice di procedura civile si applica, nel caso di opposizione al decreto ingiuntivo, solo se l'opponente abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall'articolo 163-bis, primo comma, del Cpc).

Ordine Avvocati Salerno: Assemblea approvazione bilancio (4/5/2011).

de Tilla (OUA): class action contro mediaconciliazione.


Roma, (Adnkronos) - La sospensione immediata del provvedimento che impone la media conciliazione obbligatoria per una serie di materie civili e commerciali e una class action a tutela dei cittadini.
Sono alcune delle iniziative annunciate dall'Organismo unitario dell'avvocatura, che ieri mattina ha tenuto una manifestazione al Cinema Adriano di Roma per protestare contro la norma, entrata in vigore lo scorso 20 marzo e sulla quale il Tar del Lazio ha sollevato questioni di legittimita', rimettendo parte del regolamento alla Corte Costituzionale.
Alla manifestazione, alla quale hanno partecipato oltre 1000 avvocati, erano presenti Andrea Mascherin, vicepresidente del Consiglio Nazionale Forense, Marco Ubertini presidente della Cassa Forense e le rappresentanze dei Consigli degli Ordini di tutta Italia e delle Associazioni Forensi.
Sono intervenuti il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, alcuni parlamentari di maggioranza e opposizione: Domenico Benedetti Valentini del Pdl, Pier Luigi Mantini dell'Udc, Cinzia Capano, Luigi Lusi e Silvia Della Monica del Pd.
E' giunto anche un messaggio di solidarieta' del presidente dell'Udc, Pier Ferdinando Casini.
L'Oua ha anche presentato il documento deliberato dalla propria Assemblea sulle prossime mosse e iniziative.
Infatti la protesta continua, e sono previste nuove astensioni.
'La giustizia non puo' essere ostaggio di interessi privati e non puo' essere rottamata, la media conciliazione obbligatoria e' incostituzionale - ha dichiarato il presidente dell'Oua, Maurizio De Tilla - Tra le molte proposte avanzate da questa grande manifestazione di avvocati, ne citero' solo alcune: chiediamo una sospensione immediata del provvedimento, la chiusura degli organismi privati, avvieremo una class action a tutela dei cittadini che non intendono partecipare al processo di mediazione e ne subiscono le relative conseguenze, nonche' la richiesta di un'azione autonoma per il risarcimento dei danni'.
"Inoltre - ha aggiunto De Tilla - presenteremo la questione di incostituzionalita' in tutti i processi ordinari interessati dalla media conciliazione, e infine, seguendo quanto previsto dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, avanzeremo istanze di disapplicazione dell'obbligatorieta".
"Migliaia di avvocati oggi a Roma sono stati compatti e uniti nella difesa della giustizia civile pubblica e di qualita' e della stessa Carta Costituzionale - ha ricordato il presidente dell'Oua - rimaniamo in attesa della pronta approvazione in sede legislativa dei due ddl presentati al Senato per modificare la media conciliazione dai senatori Benedetti Valentini e Della Monica. La protesta continua e le astensioni pure".

Processo......"breve e conciso"!

giovedì, aprile 14, 2011

Evento formativo di diritto e proc. civile (20 apr.2011).

Giustizia: Mantini (UDC), aderiamo a protesta Oua su mediaconciliazione.


Roma, 13 APR (Il Velino) – Dichiarazione On. Mantini: "La sentenza del TAR Lazio con cui e’ stata rimessa alla Corte Costituzionale la mediaconciliazione da’ ragione alla posizione dell’UDC e alle proteste degli avvocati e conferma l’incapacita’ del governo di fare le riforme per la giustizia.
L’obbligatorieta’ della mediaconciliazione e’ contraria alla delega legislativa e la riforma comunque non garantisce la qualita’ e i diritti di difesa dei cittadini.
L’UDC aderisce alla manifestazione promossa dall’Organizzazione Unitaria dell’Avvocatura ritenendo l’assoluta urgenza di un decreto del governo correttivo della mediaconciliazione al fine di dichiararne la natura facoltativa e la presenza obbligatoria degli avvocati a garanzia della qualita’ delle prestazioni".

mercoledì, aprile 13, 2011

DOMANI MANIFESTAZIONE A ROMA!!

Mediazione: Accolti i dubbi di costituzionalità da tempo espressi dal CNF.


Roma. Il Cnf accoglie con soddisfazione l’ordinanza di ieri con la quale il TAR Lazio ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità di alcune norme del decreto legislativo con si è attuata la delega prevista dalla legge n.69 del 2009 relativamente alla mediazione mediante conciliazione.
In particolare il Tar ha ritenuto non manifestamente infondate le questioni di legittimità relative alla l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, la sua configurazione come condizione di procedibilità e la previsione di requisiti di “serietà ed efficienza”, e non anche di professionalità e competenza che debbono possedere gli organismi di conciliazione.
“E’ una decisione di notevole importanza, che conferma i dubbi da noi sollevati".
Così il presidente Guido Alpa ha commentato la notizia, ricordando che “com'è noto, il Cnf ha sempre espresso riserve non sulla mediazione in quanto tale, ma sul modello di mediazione scelto dal legislatore delegato. “Un conto è la mediazione scelta volontariamente dalle parti, altro conto l’obbligo di effettuare il tentativo”.
Il TAR ha rimesso al merito la discussione sull’altra questione pur essa investita dal dubbio di costituzionalità costituita dalla previsione della necessarietà dell’assistenza tecnica.
“Come è possibile conciliare dinanzi ad un organismo senza essere consapevoli dei propri diritti e delle fondatezze delle proprie pretese?”, osserva Alpa ; e poi, “è possibile fare proposte che coinvolgono diritti senza essere competenti in materie giuridiche?”.
Il Consiglio Nazionale Forense sta predisponendo un testo di revisione della normativa, per renderlo compatibile con le esigenze di giustizia dei cittadini e con quanto da tempo l’ Avvocatura va sostenendo, nell’ambito dei suoi compiti istituzionali.

martedì, aprile 12, 2011

Il dispositivo dell'Ordinanza del TAR del Lazio.


ORDINANZA DEL T.A.R. LAZIO n. 3202/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
(omissis)
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), interlocutoriamente pronunciando sui ricorsi di cui in epigrafe, così dispone:
1) riunisce i ricorsi n. 10937 del 2010 e n. 11235 del 2010, connessi oggettivamente e parzialmente connessi soggettivamente;
2) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 del d. lgs. n. 28 del 2010, comma 1, primo periodo (che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione), secondo periodo (che prevede che l’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale), terzo periodo (che dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice);
3) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del d. lgs. n. 28 del 2010, comma 1, laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza.
4) dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
5) ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 marzo 2011 con l’intervento dei Magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente-Roberto Politi, Consigliere-Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore.

f.to L’ESTENSORE
f.to IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/04/2011
f.to IL SEGRETARIO(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
PER SCARICARE IL TESTO INTEGRALE DELL'ORDINANZA CLICCA QUI

Mediaconciliazione: il TAR del Lazio rimette gli atti alla Corte Costituzionale.


Il Presidente del COA di Salerno Avv.Americo Montera,ci ha trasmesso la seguente nota del Presidente dell'OUA:
Carissimi colleghi,
ho un'importante notizia da darVi.
Il Tar del Lazio ha sospeso il procedimento ed ha rimesso alla Corte Costituzionale l’esame delle questioni di incostituzionalità sollevate dall’OUA e dagli Ordini e dalle Associazioni ricorrenti.
E' evidente - a questo punto - che l’'atteggiamento perentorio del Ministero è fortemente inficiato e sub judice.
Vogliate divulgare a tutti i colleghi la notizia.
Vi aspetto tutti alla manifestazione pubblica del 14 aprile a Roma all’Adriano.
Affettuosi saluti
Maurizio de Tilla

lunedì, aprile 11, 2011

Protesta degli Avvocati: l'Ufficio del GDP di Salerno è alla paralisi.

LA MEDIA CONCILIAZIONE: Suggerimenti applicativi ai Colleghi.


Senza che sia necessario attendere la declaratoria di incostituzionalità della legge che istituisce la mediaconciliazione, è possibile proporre innanzi ai Giudici ordinari una istanza di disapplicazione (ex artt. 4 e 5 L. 2248/1965) di tale normativa per contrarietà al “diritto dell'Unione europea direttamente applicabile”.
(La medesima istanza, subordinatamente, potrà contenere la proposizione di eccezione di incostituzionalità).
In relazione alla istanza di disapplicazione occorrerà richiamare il principio in forza del quale il diritto dell'Unione Europea direttamente applicabile osta alla applicazione di una normativa nazionale se quest’ultima è sproporzionata rispetto al fine che persegue, e se, nel caso di specie, sacrifica la professione forense (e quindi i diritti dei cittadini utenti del mercato legale).
Nell’ottica della individuazione della esistenza della sproporzione e del sacrificio sopra indicati andrà richiesto al Giudice di valutare, in relazione al singolo giudizio, se sussistono ragioni imperative di interesse pubblico in grado di giustificare la restrizione dell’attività dell’Avvocato, in favore della creazione del mercato protetto ed esclusivo dei mediatori.
Il Giudicante dovrà valutare se l’ordinamento della professione di Avvocato già garantisce la realizzazione delle finalità della mediaconciliazione.
Si potrà precisare, inoltre, che la Corte di giustizia (sentenza del 14 settembre 2010 nella causa C-550/07, Akzo Nobel Chemicals Ltd contro Commissione) ha chiarito che “organo dell’amministrazione della giustizia” può esser definito solo un avvocato non legato da rapporti di impiego, nemmeno parasubordinato.
La normativa sulla mediaconciliazione ha creato, invece, la figura del mediatore come strutturalmente, gerarchicamente e funzionalmente dipendente dall'organismo di mediazione cui appartiene.
La (para)subordinazione del mediatore è comprovata dalla assenza di rischio economico in capo al suo ruolo e dal suo inserimento nella organizzazione produttiva dell’organismo di mediazione.
Poiché l’attività demandata al mediatore è ad alto contenuto professionale, per considerare pienamente sussistente la sua subordinazione, non è necessario nemmeno che vi siano esplicite direttive del datore-organismo o l’assoggettamento al suo controllo (come rinvenibile da qualsiasi agevole screening giurisprudenziale).
Sarà pertinente il richiamo a quanto statuito dalle Sezioni Unite della Cassazione che, con sentenza n. 14810 del 24.06.2009, hanno riconosciuto che, in tema di incompatibilità con la professione di avvocato, non rileva la natura, subordinata o autonoma, del rapporto di lavoro, bensì la sua relativa stabilità, e cioè la mera configurabilità di un "impiego".
Ultimo elemento - idoneo a sostenere la sproporzione e la lesività della normativa nazionale rispetto a quella comunitaria, al fine di suscitare l’esercizio della potestà di disapplicazione - è costituito dalla circostanza che gli Avvocati non mediatori potranno richiedere il risarcimento del danno dagli stessi patito in conseguenza della entrata in vigore della mediaconciliazione.
Il Consiglio di Stato, infatti, con sentenza n 7124 del 24.09.2010, ha riconosciuto la risarcibilità in via equitativa del danno da adozione di legislazione incompatibile col diritto comunitario.
Se l’istanza di disapplicazione, come sopra (succintamente) argomentata non verrà accolta dal Giudice, la normativa contestata andrà mandata innanzi alla Corte costituzionale, per le sette ragioni di incostituzionalità già individuate dall’O.U.A.
Avv. Giuseppe Clima
(del Foro di Foggia)

giovedì, aprile 07, 2011

14 aprile: manifestazione nazionale dell'Avvocatura.

Trovata la soluzione per il problema "mediaconciliazione"?

Opposizione a D.I.: la Corte d'Appello di Salerno concede la remissione nei termini.


Corte Appello Salerno, ord. 22 marzo 2011 - Pres. Bartoli - Est. Colucci.

Opposizione a decreto ingiuntivo – Dimezzamento automatico dei termini a comparire e di costituzione – Art. 645 c.p.c. – Sezioni Unite 19246/2010 – Ordinanze interlocutorie della Corte di Cassazione nn. 14627 e 15809.

Sono condivisibili i principi affermati dalla Suprema Corte [cfr. Cass. civ., Sez. II, ord. interlocutoria n. 14627 del 17/6/2010, nonché Cass. civ., Sez. II, ord. interlocutoria n. 15809 del 2/7/2010] secondo i quali: a) alla luce del principio costituzionale del giusto processo, la parte che abbia fatto affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in errore scusabile e ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell'art. 184 bis c.p.c., ratione temporis applicabile, anche in assenza di un’istanza di parte, se, esclusivamente a causa del predetto mutamento, si sia determinato un vizio di inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnazione dovuto alla diversità delle forme e dei termini da osservare sulla base dell'orientamento sopravvenuto; b) la norma di cui all’art. 184 bis c.p.c. è applicabile anche al di fuori dell’ambito delle ipotesi in cui le parti costituite siano decadute dal potere di compiere determinate attività difensive nel corso della trattazione della causa; c) la rimessione in termini di cui all'art. 184 bis c.p.c. può aver luogo anche in assenza di apposita istanza di parte.
(Alla luce di tali principi, la Corte ha ritenuto tempestiva la costituzione dell’opponente a decreto monitorio avvenuta nel termine ordinario ma oltre quello abbreviato di cinque giorni dalla notifica.)

martedì, aprile 05, 2011

Cassazione: Fondo di garanzia, pagamento del T.F.R. al lavoratore anche in assenza di fallimento del datore di lavoro.


Per il pagamento del t.f.r. in caso di insolvenza del datore di lavoro, quest'ultimo, se è assoggettabile a fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato fallito per l'eseguità del credito azionato, va considerato in concreto non soggetto a fallimento.
In tal caso opera la disposizione dell'articolo 2, comma 5, della L. n. 297 del 1982, secondo cui il lavoratore può conseguire le prestazione del Fondo di garanzia costituito presso l'INPS essendo sufficiente che il lavoratore abbia esperito infruttuosamente una procedura esecutiva, salvo che risultino in atti altre circostanze che dimostrino che esistono altri beni aggredibili con l'azione esecutiva.
Questo il principio di diritto affermato dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 7585 del 1° aprile 2011, ha rigettato il ricorso dell'INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, condannato dalla Corte d'Appello al pagamento del credito t.f.r. maturato dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro insolvente.
La Suprema Corte, ricordando che la legge n. 297 del 1982, all'articolo 2 ha previsto il pagamento del t.f.r. da parte dell'INPS quando l'impresa sia soggetta a fallimento ovvero quando (comma 5) il datore di lavoro, non soggetto alla legge fallimentare, venga sottoposto senza esito ad esecuzione forzata, ribadisce una lettura della normativa nazionale nel senso voluto dalla DirCE n. 987 del 1980 che consente, secondo una ragionevole interpretazione, l'ingresso ad un'azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l'imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l'esecuzione forzata si riveli infruttuosa.
La decisione impugnata, concludono gli Ermellini, "ha correttamente riconosciuto il diritto di ottenere la tutela del Fondo di garanzia, essendosi accertatato, in modo pacifico, che la lavoratrice aveva vanamente proposto l'azione esecutiva, vedendosi quindi rigettare l'istanza di dichiarazione di fallimento, e aveva infine domandato l'intervento del Fondo".

Mediaconciliazione: le "istruzioni per l'uso" dell'OUA:


PROCEDIMENTO SUGGERITO PER RIDURRE I RIFLESSI NEGATIVI DELLA MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA

PER L’ATTORE

Trattandosi di condizione di procedibilità per l’azione civile è necessario che chi intende promuovere un giudizio faccia una richiesta di mediazione presso un Organismo abilitato con il versamento di € 40,00, obbligatorio ex art. 16 del D.M. 18.10.2010, n. 180.

E’ opportuno tuttavia scegliere un organismo, preferibilmente istituito da un Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, che preveda nel regolamento il divieto del mediatore di formulare una proposta in caso di mancata adesione o partecipazione anche di una sola parte ed inoltre che preveda che il procedimento di conciliazione può ritenersi concluso nel caso di partecipazione di una sola o nessuna parte.

A questo punto il proponente che non intende aderire o partecipare al procedimento di mediazione, potrà allegare alla domanda di mediazione un’apposita dichiarazione con la quale comunica che, ai sensi dell’art. 16 del D.M. n. 180/2010, non intende aderire al procedimento pur avendo presentato la domanda solo perché prevista come condizione di procedibilità; se vuole potrà anche dedurre l’incostituzionalità dell’art. 5 del D.Lgs. 28/2010 laddove prevede che “l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”; o più semplicemente potrà allegare il documento OUA sull’incostituzionalità della normativa sulla media conciliazione obbligatoria.

Il procedimento quindi potrà ritenersi concluso e si potrà dare inizio all’azione giudiziaria dopo il rilascio del verbale di conclusione per mancato accordo, osservando i termini dell’art. 163 bis c.p.c., oppure anche subito dopo la presentazione della domanda di conciliazione, con la fissazione della prima udienza a quattro mesi e quindici giorni dalla data di presentazione (v. combinato disposto degli artt. 5 e 6 dlgs. N. 28/2010).
Sul punto la Suprema Corte, Sez. Lav., si è pronunciata con sentenza del 21.01.2004, n. 967, statuendo che: “Premesso che le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga all’esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall’art. 24 cost., non possono essere interpretate in senso estensivo, deve ritenersi che, ai fini dell’espletamento del tentativo di conciliazione, il quale ai sensi dell’art. 412 c.p.c. costituisce condizione di procedibilità della domanda, sia sufficiente, in base a quanto disposto dall’art. 410 bis c.p.c., la presentazione della richiesta all’organo istituito presso le Direzioni provinciali del lavoro, considerandosi comunque espletato il tentativo di conciliazione decorsi sessanta giorni dalla presentazione, a prescindere dall’avvenuta comunicazione della richiesta stessa alla controparte”.

Seguendo questo iter, in assenza di una proposta da parte del mediatore che può provocare effetti negativi sulla decisione in ordine alle spese, l’unico (eventuale) riverbero negativo sul processo sarà quello previsto dal quinto comma dell’art. 8 del D.Lgs 28/2010: “Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c.”.

PER IL CONVENUTO

Il convenuto che non intenda aderire al procedimento di mediazione non dovrà fare altro che non presentarsi o dichiarare espressamente tale volontà, deducendo anche le questioni di illegittimità costituzionale della normativa e – ove ne ricorra l’ipotesi – la mancanza di regole per individuare la competenza territoriale.

Per il convenuto che non si presenta sussiste solo il rischio della proposta del mediatore, se nel regolamento dell’Organismo scelto dell’attore è previsto che la proposta di conciliazione possa essere formulata anche in assenza di una delle parti.

*** *** ***

Sia che si difenda l’attore, sia che si difenda il convenuto, è opportuno che il difensore faccia sottoscrivere al proprio cliente una dichiarazione in cui lo stesso, dopo aver dichiarato di essere edotto dell’obbligatorietà della formulazione della domanda di mediazione e delle conseguenze, comprese quelle previste dall’art. 116 c.p.c., per il caso di mancata partecipazione al procedimento di mediazione, dichiari espressamente di non voler conciliare la controversia innanzi all’Organismo di conciliazione.

Tribunale Salerno (GU:Pagano): danno esistenziale.....telefonico.

lunedì, aprile 04, 2011

Aggiornamento Albo Avvocati del Foro di Salerno.


CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI SALERNO

Si porta a conoscenza dei Colleghi che il Consiglio, nella seduta dell’01.4.2011, ha deliberato l'aggiornamento dell’Albo.
Gli iscritti che desiderano che sia pubblicata la variazione dei propri dati rispetto a quelli riportati nel vigente Albo possono depositare, personalmente, apposita richiesta presso la Segreteria dell’Ordine o spedire fax al n.089/2574357, entro la data del 30.05.2011, a mezzo del predisposto modello scaricabile dal sito www.ordavvsa.it.
I propri attuali dati potranno essere controllati consultando il sito www.ordavvsa.it (sezione Albo).
Informazioni o chiarimenti potranno essere richiesti al Consigliere delegato Avv.to Beniamino Spirito
Salerno, 4 aprile 2011

Il Presidente
Avv. Americo Montera

Astensione della FEDERMOT (dal 4 all'8 aprile 2011).

Avvocatura solidale con astensione dei GDP e dei GOT: