domenica, giugno 29, 2008

IL CAVALIERE, LA GIUSTIZIA E IL PD: LA PATOLOGIA ITALIANA.


Chi legge un po' di giornali e ha qualche conoscenza della scena pubblica del Paese sa benissimo che anche l'attuale opposizione di sinistra così come l'opinione pubblica che in essa si riconosce sono in stragrande maggioranza d'accordo su almeno tre punti decisivi della patologia che affligge la giustizia italiana.

Questi: 1) l'obbligatorietà dell'azione penale da parte del pubblico ministero, astrattamente prescritta dalla Costituzione, ha dato luogo nella pratica, a causa della sua assoluta impraticabilità tecnica, al più totale arbitrio d'iniziativa del pm stesso. Da guardiano autonomo e imparziale della legge il pubblico ministero si è trasformato per forza di cose in padrone discrezionale e incontrollabile della stessa; 2) il procedimento giudiziario italiano manca in misura rilevantissima del necessario criterio di terzietà. Nonostante qualche piccola modifica apportata, magistratura inquirente e giudicante sono virtualmente una cosa sola: ogni imputato italiano si trova così a essere sempre giudicato da un magistrato che è un amico e/o collega di colui che lo ha messo sotto accusa;

3) il protagonismo mediatico- politico dell'apparato giudiziario in genere e in modo tutto speciale dei pubblici ministeri è ormai diventato un male gravissimo, oggettivamente esaltato e protetto da un Consiglio superiore della magistratura al quale una malfatta legge istitutiva, e ancora di più un infame sistema elettorale, consentono di esercitare abusivamente i poteri di una virtuale terza Camera del sistema costituzionale.

Come dicevo all'inizio, anche una buona parte della sinistra e del suo elettorato è convinta nel proprio intimo che le cose stiano così.

Si tratta, infatti, di fenomeni troppo clamorosamente evidenti, che tra l'altro non esistono in alcun altro Paese dell'Occidente, e di cui fanno quotidianamente le spese migliaia di cittadini, com'è ovvio senza distinzione di destra e di sinistra.

La domanda che a questo punto è (o dovrebbe essere) naturale porsi è la seguente: è ragionevole o no pensare che gli aspetti patologici della giustizia italiana sopra descritti abbiano qualcosa a che fare, c'entrino qualcosa, con le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi?

E' ragionevole o no immaginare, sospettare, che l'immane mole di procedimenti giudiziari collezionati da costui (in una quantità, credo, superiore a chiunque altro nella storia d'Italia, ma aspetto precisazioni da Marco Travaglio) abbiano qualcosa a che fare con l'arbitrio dell'azione penale, con la mancanza di terzietà, con la ricerca di visibilità mediatico-politica da parte dei pm?

E' ragionevole pensare una cosa simile, che esista un nesso di qualche tipo tra questi due universi di fatti, o invece è una pura assurdità, un'insinuazione senza fondamento, un volere dare corpo ai fantasmi?

La sinistra riformista (cioè più o meno l'intero Partito democratico), pur essendo convinta che Berlusconi in qualche problema con la giustizia sia effettivamente incorso (e personalmente mi unisco a questa convinzione), pensa però che un nesso ci sia.

Pensa cioè che nelle vicende giudiziarie dell'attuale Presidente del Consiglio si manifestino anche, e in misura spesso decisiva, tutti i parossismi patologici della giustizia italiana. Ma non riesce a dirlo.

La sua classe dirigente tace o tutt'al più farfuglia, sospira a mezza bocca, perché non sa che pesci pigliare, ricattata com'è dal suo passato recente, dal suo legame con la corporazione dei magistrati e dalla paura di apparire complice con il nemico.

Un'altra parte del Paese, invece, diciamo una metà abbondante degli Italiani, anch'essa pensa che sì, che è ragionevole credere che un nesso ci sia. E poiché non ha le remore storiche della sinistra le basta questo, le basta vedere le patologie presenti nelle vicende giudiziarie di Berlusconi, per considerare queste comunque superiori alle sue eventuali colpe, e continuare a votarlo.

Non già perché sia una parte del Paese formata da uomini e donne dediti al malaffare o moralmente ottusi, come invece pensa qualche moralista esagitato. Ma se le cose stanno così, allora vuol dire che proprio i caratteri patologici della giustizia italiana stanno rivelandosi i migliori alleati dell'eterno inquisito Silvio Berlusconi.

Che proprio questi caratteri gli hanno consentito e gli consentono tuttora di apparire ragionevolmente una vittima, di nascondere dietro di essi i problemi veri che ha: insomma di volgere a proprio favore le sue disgrazie giudiziarie. Ma se le cose stanno così ciò vuol dire anche, per concludere, e non è conclusione di poco conto, che il principale interesse della Sinistra italiana dovrebbe essere, anzi è, uno solo: togliere ogni alibi al proprio rivale.

E cioè mettere fine una buona volta, lei per prima, alla devastante patologia che affligge da decenni il nostro sistema giudiziario. Che poi, in tutta questa faccenda, è anche il vero interesse del Paese.

Articolo di Ernesto Galli Della Loggia del 29/06/2008

tratto dal sito: www.corriere.it

CNF: 35mila avvocati saranno cancellati dagli albi.


Se nel Regno Unito ci sono 117mila avvocati (1 ogni 342 abitanti) e in Francia 44mila (1 ogni 1465 abitanti), in Italia c'è un vero e proprio esercito di ben 210mila avvocati, vale a dire 1 ogni 283 abitanti.
E se il problema dell'esubero nella professione è annoso, in questi giorni il Consiglio Nazionale Forense sta cercando di porre un limite all'iscrizione agli albi tramite un controllo più attento sull'effettivo esercizio della professione.
Da Genova, dove il Consiglio è riunito, il presidente Guido Alpa ha annunciato che ci sarà una "scrematura" di circa 35mila avvocati dagli albi, per mancato esercizio della professione o per denunce dei redditi inferiori a 7mila euro l'anno e non giustificate.
Alla presentazione della Relazione sull'attività del Consiglio Nazionale Forense per il 2007, Alpa aveva detto che «intendiamo correggere un sistema che è stato malamente riformato, con un provvedimento temporaneo che è diventato permanente, come accade puntualmente nel nostro Paese; ed intendiamo, correlativamente, rafforzare i poteri degli Ordini e del Cnf in materia di registrazione e controllo, in modo che i giovani che si avviano alla professione forense possano entrare non in una giungla, ma in un settore di lavoro efficiente, ancorché complesso».
Oltre a questo aspetto, il Consiglio Nazionale Forense a Genova discuterà anche di altri problemi dell'avvocatura.
«Pensiamo - ha detto Alpa - che la carta vincente da giocare per l'avvocatura sia quella di offrire ai clienti privati ed alle imprese prestazioni di elevata qualità e sostenere così lo sviluppo del Paese e migliorare i rapporti sociali, anche familiari».
Alpa, che ha annunciato un incontro con il ministro martedì per discutere del processo civile, ha pure parlato della necessità di tutelare i diritti individuali fondamentali e quelli dei deboli (immigrazione, reati familiari, promozione delle pari opportunità e tutela del consumatore e dell'ambiente).
Tratto dal sito: http://www.ilsole24ore.com (pubblicato il 28/06/2008).

Cassazione: non c'è contrasto di giurisprudenza in materia di condominio e solidarietà passiva.


L'ufficio stampa della Corte di Cassazione ha precisato che "Non sussiste alcun contrasto di giurisprudenza tra le sentenze della Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile n.14813/08 e Sezioni Unite n.9148/08, contrariamente a quanto evidenziato da alcuni organi di stampa ('Il Sole 24ore' e 'Norme e Tributi')".
Nella nota si spiega che "Le fattispecie esaminate dalle due sentenze sono diverse: la prima riguarda la solidarietà passiva tra comproprietari di un appartamento sito in un condominio, solidarieta' che sussiste; la seconda riguarda la supposta solidarieta' passiva tra condominio e condomini per spese condominiali, solidarietà che non sussiste, in quanto i condomini rispondono sempre pro quota".
Le Sezioni Unite, si spiega nella nota, hanno affermato in questo caso che "venendo spesso la solidarieta' ad essere la 'configurazione ex lege, nei rapporti esterni, di una obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa dell'obbligazione come solidale (e nessuna norma di legge espressamente dispone che il criterio della solidarieta' si applichi alle obbligazioni dei condomini) e, contemporaneamente, in presenza di una obbligazione comune, ma naturalisticamente, divisibile (come lo e' una somma di denaro) viene meno uno dei requisiti della solidarieta' e la struttura parziaria della obbligazione prevale'".

sabato, giugno 28, 2008

venerdì, giugno 27, 2008

Politica e magistratura: squilibrio di poteri.


In un’intervista pubblicata ieri dal Corriere, l’ex magistrato ed esponente del Partito democratico, Luciano Violante, mette il dito in una delle piaghe del nostro ordinamento: «In Italia, l’azione penale è obbligatoria solo formalmente ma, in realtà, è lasciata alla discrezionalità dei singoli magistrati».
Detto con altre parole: i magistrati perseguono selettivamente chi vogliono, secondo criteri soggettivi che rischiano di tracimare nell’arbitrio.
Prosegue, infatti, Violante: «E’ giusto, quindi, affrontare il problema della priorità nella trattazione dei processi, ma il potere politico non può sospendere i processi in corso». Detto con altre parole: una legge che regoli il flusso dei reati da rinviare a giudizio è necessaria.
Ma un clamoroso esempio di «distorsione da discrezionalità » lo offre, quasi contemporaneamente alle parole di Violante, L’Espresso oggi in edicola, che pubblica le intercettazioni di alcune delle ben novemila (9000!) telefonate depositate nell’inchiesta napoletana.
In realtà, i Pm napoletani non le hanno depositate tutte perché le hanno ritenute non rilevanti e successivamente destinate, scrive il settimanale, alla distruzione, ma molte sono finite nella disponibilità dei giornalisti.
I quali, pur pubblicandole — un giornale non deve preoccuparsi se sia giusto o no pubblicare un documento giudiziario che gli è pervenuto, purché la legge sia rispettata—correttamente mette in luce il carattere anomalo della situazione.
L’intervento di Violante sul Corriere e la cronaca di una sfuriata ai magistrati del vicepresidente del CSM, Nicola Mancino, pubblicata dalla Stampa — «Parlate troppo con i giornalisti. Volete sempre apparire» — s’inquadrano nel dibattito in corso sui recenti provvedimenti sulla Giustizia in merito al quale è, forse, utile fare qualche distinzione.
I problemi giudiziari di Silvio Berlusconi -padrone di Mediaset - riguardano lui solo e stanno tutti negli atti processuali. I rapporti fra il capo del governo- chiunque egli sia - e l’ordine giudiziario riguardano lo Stato.
Sono una questione istituzionale della quale si deve occupare la politica. Ha sbagliato, dunque, Berlusconi ad andare a parlare dei suoi problemi personali all’assemblea della Confesercenti. Fa tutta la differenza fra un imputato, preoccupato della propria sorte, e uno statista, sensibile al corretto funzionamento dello Stato.
Sbaglia anche Antonio Di Pietro, ignorando i rapporti fra esecutivo e giudiziario per concentrarsi unicamente sui problemi personali di Silvio Berlusconi. Fa tutta la differenza fra un uomo politico, attento agli interessi del Paese, e un poliziotto sensibile al tintinnare delle manette.
Dei rapporti fra esecutivo e ordine giudiziario si sta occupando, invece, con equilibrio e saggezza, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
Ne parlano, sia pure con toni diversi, ma con non minore equilibrio istituzionale, sia Violante, sia Mancino. Quest’ultimo mette il dito nella piaga di un’altra anomalia del nostro ordinamento.
E’ stata depositata da due consiglieri una bozza di parere che è già in discussione nella Sesta commissione e che il Csm dovrebbe discutere pubblicamente e votare la settimana prossima. Parla di «incostituzionalità» del decreto governativo sulla sospensione dei processi.
Ora, non si capisce chi dia il diritto al Csm di dire che una norma emanata dal Parlamento è incostituzionale.
Non c’è un solo articolo della Costituzione che attribuisca al Csm un preventivo controllo di costituzionalità sugli atti parlamentari; controllo che, se mai, spetta al presidente della Repubblica con veto sospensivo, comunque superabile da un voto parlamentare a maggioranza semplice.
Così, Mancino sbotta: «Capisco che si scriva di una norma che è inappropriata. O irragionevole. Ma che c’entra la Costituzione?».
Aggiunge Violante nell’intervista citata: «...non è scandaloso che ci siano forme di garanzia temporanea per alcune cariche istituzionali». A certe condizioni, tutte da discutere.
Aveva scritto il Financial Times qualche giorno fa: «Spagna, Francia, Germania e altri Stati hanno una qualche forma di immunità (...) Lo scopo dell’immunità non è quello di consentire agli eletti mano libera. Bensì quello di proteggere il diritto degli elettori di farsi governare da coloro che hanno democraticamente scelto. Le accuse a Berlusconi derivano da un sincero desiderio di giustizia o dal tentativo di una parte dell’elite italiana di capovolgere una scelta elettorale che non accetta?».
Questo — al di là dei personali problemi giudiziari di Berlusconi—è parlare di rapporti fra potere esecutivo e ordine giudiziario. E’ politica. «Il resto — come dice Violante, riferendosi a Di Pietro—è demagogia».

articolo di Piero Ostellino del 27 giugno 2008
tratto dal sito: www.corriere.it


Cassazione: quando il coniuge in regime di comunione legale non è incapace a testimoniare.




La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione in una recente pronuncia (Sent. 10744/2008) ha osservato che "il coniuge in regime di comunione legale non è incapace a testimoniare nelle controversie in cui sia parte l'altro coniuge, che abbiano (…) ad oggetto crediti inerenti all'esercizio dell'impresa esclusiva di quest'ultimo".
"Tali cespiti" – precisano i giudici di legittimità – "infatti, diventano comuni ai coniugi solo al momento dello scioglimento della comunione e nei limiti in cui ancora sussistano (art. 178 c.c.), sicché non può dirsi che il teste sia titolare di un interesse che ne legittimi la partecipazione al giudizio, agli effetti di cui all'art. 246 c.p.c.".

giovedì, giugno 26, 2008

...Ecco la "ratio" del cd lodo Alfano!

Convegno AIGA su emergenza rifiuti (3 crediti formativi).


Indirizzi di saluto

Avv. Americo Montera

Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Salerno

Avv. Marco Del Vecchio

Presidente A.I.G.A. Salerno

Dott. Stanislao De Matteis

Direttore Scientifico della Rivista "Strumentario Avvocati"


Interventi

Dott. Antonio Valitutti

Magistrato del Tribunale di Salerno

"La giurisdizione in materia di rifiuti"

Dott. Antonio Scarpa

Magistrato del Tribunale di Salerno

“Danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dall'emergenza rifiuti”

Prof. Avv. Carmine Pepe

Università degli Studi di Salerno

"Riflessioni costituzionali alla luce del D.L. 90/08"


Moderatore

Prof. Antonio Vitale

Università degli Studi di Salerno


Assegnati 3 crediti formativi

Informazioni e prenotazioni AIGA - Salerno

Tel.: 338/6526094 – 347/1215915

PARTECIPAZIONE GRATUITA